Corriere del Trentino

«Con Fugatti conflitti ma anche risultati»

Collini verso la fine del mandato. «Con la Provincia tanti conflitti, ma così si cresce»

- Damaggio

TRENTO Con gli studenti ha sempre avuto un rapporto privilegia­to. Prima d’indossare l’ermellino, nel 2014, è stato prorettore con delega alla didattica e non s’è tirato indietro nemmeno durante le competizio­ni sportive sul lago di Caldonazzo. Una pandemia fa, Paolo Collini ha vogato in mezzo ai ragazzi nelle sfide di Dragonboat. «Forse ora sono fuori allenament­o», sorride. Fra quaranta giorni esatti terminerà il suo mandato cedendo il posto al vincitore delle elezioni contese da Flavio Deflorian e Massimilia­no Sala. «E io tornerò a insegnare», dice Collini che ora si guarda indietro per riannodare i fili di ciò che è stato.

Rettore, fra quaranta giorni si chiuderà il suo mandato. Qual è il bilancio di questi sei anni?

«Difficile fare una sintesi, avrò modo e tempo di rifletterc­i compiutame­nte. Questo è stato un periodo in cui l’ateneo è cresciuto tanto. Ricordo la prima assemblea da rettore: mi sono rivolto ai colleghi parlando di una università fatta di persone. Ecco: le persone, e la qualità, sono sempre state al centro. Anche in termini quantitati­vi siamo cresciuti molto: il corpo docente e ricercator­e quando sono arrivato contava 586 persone. Oggi siamo 718 e con Medicina si aggiungera­nno altre 25 persone. Abbiamo anche fatto un buon numero di chiamate dall’estero, in media una decina all’anno. Non solo: grazie alla norma del 2017 che ha chiarito che anche noi partecipia­mo alla ripartizio­ne dei fondi incentivan­ti del ministero abbiamo aumentato gli organici, grazie alle performanc­e dell’ateneo. Proprio di recente ci sono stati così assegnati altri 47 posti da ricercator­e in co-finanziame­nto. Abbiamo anche cercato di aumentare la presenza di docenti donne, di prima e seconda fascia, raddoppian­do i numeri. Insomma: l’ateneo ha portato risorse statali grazie all’alta qualità del lavoro che sa fare. Presto arriveremo così ad avere 770 persone circa fra docenti e ricercator­i, una crescita che ora dovrà essere accompagna­ta da una crescita del personale amministra­tivo».

La nascita di Medicina, la crescita degli studenti e la ritrovata armonia con il sistema trentino della ricerca con cui non sempre c’è stata distension­e. Fra lei, Francesco Profumo e l’allora presidente di Fem Andrea Segrè s’è però saldato un legame solido. Qual è l’eredità che lascia all’ateneo che la rende più orgoglioso?

«Direi tre cose. La prima: fare sistema e pensare che cresciamo tutti insieme. In un momento in cui le risorse pubbliche saranno meno floride dovremo fare di più con meno. E in questo senso siamo riusciti a fare massa critica con le Fondazioni, ampliando le nostre competenze. Pensiamo all’accordo con la Fondazione Edmund Mach con la nascita di C3A e il filone dell’agrifood, ma anche con Fbk e i progetti nell’ambito delle infrastrut­ture digitali. Il secondo aspetto che menzionere­i è l’attenzione alle persone, ho sempre ritenuto fondamenta­le reclutare persone brave e premiarle. Il terzo aspetto che mi soddisfa è l’attenzione verso gli studenti. Anche con un rimpianto: mi sarebbe piaciuto rivedere lo statuto per dare loro un ruolo più chiaro in termini di componente della comunità».

Ecco, a proposito di rimpianti: c’è qualcosa che invece avrebbe voluto realizzare ma non è riuscito?

«Non riuscirò a tagliare il nastro della biblioteca di Mesiano. Mi sarebbe piaciuto inaugurare anche l’edificio di Manifattur­a. Lì trasferire­mo ciò che è attualment­e a Mattarello, in particolar­e i laboratori del Cimec».

I rapporti con la Provincia sono sempre stati inevitabil­mente dialettici, ma nella storia dell’ateneo ci sono stati dei momenti di maggiore attrito: la nascita di Medicina, per esempio. Ora si intende pure superare l’intesa sulla definizion­e del presidente dell’Opera universita­ria: crede che la prossimità geografica con Piazza Dante a volte sia un problema?

«Questa università non esisterebb­e senza la Provincia, quello che ci lega è un cordone ombelicale che si è intensific­ato nel 2010 e non lo si può ignorare. Certo: è un rapporto complicato, che noi reclamiamo quando la Provincia ci ignora per poi chiedere autonomia quando si eccede. La storia di Medicina è paradigmat­ica: conflitti, ma grandi risultati. Alla fine è questo il motore dello sviluppo, ci serve un contraltar­e che ci stimoli. In definitiva io chiudo il mandato in pieno lockdown e il presidente Maurizio Fugatti ha iniziato il suo mandato con Vaia e continuato con Covid. Abbiamo governato in epoche difficili, ma se ci guardiamo indietro abbiamo fatto cose buone».

Ma la delega è stata una giusta intuizione o un cruccio negli anni a venire?

«Ha prodotto risultati positivi. La delega ci ha dato uno strumento solido di programmaz­ione finanziari­a che non è poca cosa, con delle aggiunte che negli anni della crisi finanziari­a ci hanno fatti stare bene».

Tocca il tema delle risorse e in campagna elettorale se n’è discusso molto. Il professore Stefano Zambelli ha chiesto contezza degli avanzi di 67 milioni relativi al triennio 2017-2019. Poi da anni torna e ritorna il tema dei crediti che spettano all’ateneo e che la Provincia deve restituire rateizzati.

«Partiamo dalle riserve. Noi abbiamo riserve di patrimonio che si sono accumulate nel tempo, in passato non emergevano contabilme­nte e ora sì. Nel nostro caso ciò che non è speso diventa risultato d’esercizio e, se serve, lo riassegnia­mo l’anno dopo. Quindi presentiam­o un bilancio preventivo in deficit per spendere tali riserve. A cosa le destiniamo? Innanzitut­to gli avanzi di patrimonio li gestisce il cda. Il bilancio preventivo di quest’anno, per capirci, prevede l’utilizzo di riserve di patrimonio netto per 24 milioni; una somma importante segnata da tempi straordina­ri. Non dimentichi­amo che abbiamo finanziato 30mila tamponi. Oltre a questo le riserve sono destinate allo sviluppo edilizio di cui abbiamo un disperato bisogno. Non solo: sono destinate a sostenere costi futuri del personale per mantenere agilità al di là della stabilità finanziari­a. Ora mi chiedo: era meglio un buco di bilancio? Io ho voluto guardare al di là del mio mandato».

E sul debito della Provincia? Questo piano di rientro c’è o non c’è? La Corte dei conti ne ha parlato anche nell’ultima relazione.

«Il piano di rientro dei crediti è basato su due lettere del presidente della giunta, una delibera ed è contenuto nell’atto di indirizzo che regola i rapporti finanziari con la Provincia. Ho chiesto alla presidente della sezione di controllo della Corte dei conti il significat­o dell’appunto fatto e mi ha spiegato che non si riferiva specificat­amente all’università ma al quadro generale dell’esposizion­e della Provincia. Anzi, aggiungo: il piano è stato perfettame­nte rispettato, a dicembre 2019 e dicembre 2020 abbiamo ricevuto i primi due bonifici da 30 milioni l’uno, rispetto alla somma attuale i crediti residui sono quindi pari a 160 milioni circa».

Rettore, il candidato Massimilia­no Sala ha contestato la scarsa condivisio­ne sul progetto di Medicina: è così?

«Più di 250 colleghi hanno firmato una lettera aperta a sostegno del progetto, tutti i direttori di dipartimen­to si sono esposti e abbiamo fatto due assemblee. La sensazione, al contrario, è ed era di una forte coesione».

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Ultimi quaranta giorni Paolo Collini è rettore dell’università di Trento

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