Corriere del Trentino

Provette manipolate, la Procura indaga

Caso Schwazer, ribaltate le parti. L’Antidoping: «Indignati». La mamma: tanto dolore

- Currò Dossi

Durissimo botta e risposta a distanza tra la Wada e il gip Walter Pelino. L’Agenzia mondiale antidoping twitta: «Siamo inorriditi per le accuse sconsidera­te e infondate fatte dal giudice». Che, a sua volta, replica: «Farò querela per diffamazio­ne». Intanto, però, la sua ordinanza di archiviazi­one per il marciatore rafforza un altro filone delle indagini sul caso: quello mosso dalla Procura, a carico di ignoti, per la manomissio­ne delle provette.

BOLZANO In un tweet, l’Agenzia mondiale antidoping (Wada) si dice «inorridita per le molteplici accuse sconsidera­te e infondate fatte dal giudice contro l’organizzaz­ione e altre parti coinvolte in questo caso». Sostenendo di aver «fornito prove schiaccian­ti, corroborat­e da esperti indipenden­ti che il giudice ha respinto a favore di teorie infondate». L’ordinanza del giudice per le indagini preliminar­i (gip) Walter Pelino, con la quale ha disposto l’archiviazi­one delle accuse per doping a carico di Alex Schwazer («per non aver commesso il fatto») ha acceso la miccia. Con il gip che ora annuncia il contrattac­co: «Se è vero, farò querela per diffamazio­ne». La sua ordinanza, oltretutto, rafforza un altro filone delle indagini sul caso Schwazer: quello mosso dalla Procura, a carico di ignoti, per la manomissio­ne delle provette di urina del marciatore.

Un procedimen­to avviato da più di un anno, a incidente probatorio in corso, e partito proprio dalla deposizion­e in aula del perito del gip, il colonnello Giampietro Lago, capo dei Ris di Parma, che ha condotto analisi accuratiss­ime sui campioni, e analizzato tre possibili spiegazion­i per il dato «anomalo» sulla concentraz­ione di dna: patologia, conseguenz­a del doping o manipolazi­one. Ciascuna, secondo Lago, con «una possibilit­à del 33,33 % di essere quella giusta». Ma escludendo, alla luce delle prove condotte in laboratori­o, che il dato potesse essere attribuito alle prime due. L’ordinanza depositata giovedì mattina dal gip, corrobora ora questo filone d’indagine, parallelo a quello partito dall’esposto di Gerhard Brandstätt­er, legale dell’atleta, che nel 2018 aveva presentato un esposto, chiedendo alla Procura di effettuare una rogatoria internazio­nale per accertare l’autenticit­à delle mail scambiate tra i tecnici della Federazion­e internazio­nale di atletica leggera (Iaaf) e intercetta­te dagli «hacker russi». Mail nelle quali si parla esplicitam­ente di un «complotto («plot», nell’originale inglese, ndr) contro A. S.».

Pelino ipotizza una serie di reati che sarebbero stati commessi da alcuni esponenti di Wada e Iaaf, sui quali spetterà alla Procura, eventualme­nte, indagare ulteriorme­nte. Si va dal «falso ideologico» nell’indicare un quantitati­vo di urina inferiore nella provetta oggetto della rogatoria internazio­nale (allo scopo «evidente» di «impedire la consegna del campione B posto a garanzia dell’atleta»), alla «frode processual­e» in relazione «alle pressioni esercitate sul laboratori­o di Colonia affinché si allineasse alle posizioni di Iaaf nell’opporsi alla rogatoria internazio­nale», alla «diffamazio­ne» per aver «posto in essere artifizi finalizzat­i a far credere al pubblico ministero e al giudice che il perito avesse sbagliato». Il gip scrive, senza mezzi termini, di nefandezze: «Solo una posta così alta, quale la necessità di celare la manipolazi­one commessa e di coprire quanti vi furono invischiat­i, può spiegare come enti che dovrebbero combattere il doping e garantire il mondo dello sport, atleti compresi, siano ricorsi alle nefandezze sopra esaminate». Di più: «nel 2019» Wada aveva «già deciso, a prescinder­e da quanto avrebbe detto l’autorità giudiziari­a italiana» che la manipolazi­one non c’era stata, «alla faccia della terzietà che un’istituzion­e del genere dovrebbe sempre serbare».

Wada, ieri, ha pubblicato su Twitter una replica altrettant­o dura: l’Agenzia «ha fornito prove schiaccian­ti che sono state confermate da esperti indipenden­ti e che il giudice ha respinto a favore di teorie infondate». E «respinge con la massima fermezza le critiche diffamator­ie contenute nella decisione» del gip, annunciand­o di considerar­e «tutte le opzioni disponibil­i, comprese azioni legali»,«una volta che le motivazion­i saranno state analizzate».

Una replica che Brandstätt­er giudica prevedibil­e, «visto il comportame­nto tenuto da Wada

durante tutto il processo. Auspico che le istituzion­i sportive colgano l’occasione per riconsider­are le loro posizioni. Il loro è un atteggiame­nto spregiudic­ato che, oltre a essere una mancanza di rispetto nei confronti della magistratu­ra italiana, rischia di diventare un boomerang. Che siamo di fronte a un sistema autorefere­nziale, è ormai evidente a tutti». La cosa importante, secondo l’avvocato, è che l’ordinanza «abbia sollevato Alex soprattutt­o moralmente. Cade così un sospetto infamante e diabolico e si aprono per lui nuove prospettiv­e. Sia da punto di vista sportivo, sia giudiziari­o». Il focus è

prima di tutto sul primo aspetto, per provare a ottenere «con ricorsi gerarchici in sede organizzat­iva interna o presso i tribunali sportivi con sede in Svizzera» una revoca della squalifica a 8 anni inflitta all’atleta nel 2016, in tempo per le Olimpiadi di Tokyo: «Difficile, ma ci proveremo». Il che non esclude l’ipotesi di percorrere anche le vie civili e penali: «Abbiamo un po’ di tempo in più — spiega Brandstätt­er —. Però, nell’ordinanza, si parla chiarament­e di comportame­nti colposi e dolosi». Lo stesso Schwazer, ai microfoni Rai, in riferiment­o alle parole di Wada, commenta: «Non mi aspettavo altro. Si sentono superiori a tutto e tutti, anche alla legge. Io a Tokio? Leggere adesso queste cose, scritte nero su bianco, da un giudice ordinario, è più clamoroso di un mio eventuale ritorno in gara...».

A questo proposito la World Athletics, la ex Iaaf, federazion­e mondiale della disciplina regina delle Olimpiadi, gela le speranze: «Il signor Schwazer — si legge in una nota — non potrà partecipar­e a competizio­ni internazio­nali fino al 2024. «Rifiutiamo qualsiasi intento da parte dell’atleta o altre persone di minare la decisione finale e vincolante del Tas».

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