Bellutti: «Giustizia sportiva da riformare»
Ma per l’ex pistard il caso resta un’eccezione: «Antidoping, il sistema funziona»
BOLZANO «Il sistema antidoping funziona e il caso Schwazer in tal senso è solo un’eccezione, per quanto mediatica e rumorosa. Quella che va riformata è la giustizia sportiva, dalla quale Schwazer cercava risposte che ha dovuto trovare invece dalla giustizia ordinaria». L’ex pistard Antonella Bellutti, 52 anni, bolzanina, oro olimpico ad Atlanta ‘96 e candidata alla presidenza del Coni, è sollevata e preoccupata insieme. «Sollevata per la fine del calvario vissuto da Schwazer, ma ho il terrore che questa vicenda possa screditare un sistema antidoping che invece funziona».
L’opinione pubblica non ne è convinta...
«È proprio questo il punto, rischia di passare un messaggio non veritiero: che il sistema dei controlli non è più credibile. Gli atleti si sottopongono con responsabilità a test a sorpresa tracciando costantemente i loro spostamenti. Ci sono stati solo due casi di manomissione dei campioni di urina dagli anni 90 a oggi: la Di Terlizzi e Schwazer, entrambe le volte l’allenatore era il signor Donati, che passava per il vero destinatario del complotto».
Donati è un’icona dello sport pulito...
«Certamente, ma mi chiedo: se sa di avere così tanti nemici e di essere oggetto di complotti perché deve mettere a repentaglio la sicurezza degli atleti che segue? Due casi di manomissione in una carriera è tanto. Diverso è il discorso della giustizia sportiva che ha giudicato male Schwazer».
Come andrebbe riformata?
«I componenti degli organi di giustizia sportiva non devono essere nominati dai presidenti federali. Poi la corruzione appartiene agli uomini, ma certamente aiuterebbe che all’interno della giustizia sportiva non ci fossero procuratori scelti e pagati dai presidenti federali. È una condizione che va eliminata. Anni fa ci ha provato il generale Cataldi, ma rassegnò le dimissioni dicendo che il compito era troppo difficile per la presenza di lobby di potere e corporazioni. E lo disse uno che aveva passato la vita a combattere il terrorismo..».
Che giudizio si è fatta di Schwazer?
«Un uomo fragile quando nel 2012 si dopò perché non accettava di poter perdere. Un redento nel 2016, quando ha avuto una seconda chance, che di per sé è un regalo perché a mio avviso chi sbaglia non dovrebbe tornare. In questo secondo caso ho sempre creduto nella sua innocenza, perché non credo avesse motivo per screditarsi una seconda volta. Però ho sempre trovato sbagliato il suo connubio, anche mediatico, con il signor Donati».