«Temevo Alex si perdesse, ma soffrendo è cresciuto»
INTERVISTA A MARIA LUISA BRUNNER La mamma: «Denunciò il doping, gli hanno distrutto i sogni»
BOLZANO «Un immenso sollievo». Maria Luisa Brunner, mamma di Alex Schwazer, racconta «la fine di un incubo» iniziato nel 2012, con il primo scandalo per doping, e proseguito nel 2016 con «accuse infamanti che lo hanno distrutto».
Alex come ha accolto la bella notizia?
«Mi sembra più sereno: sapeva di essere innocente, non ha mai pensato che potesse finire diversamente. Però non festeggiamo, è solo stata ripristinata la verità. Sono felicissima per lui e per la moglie, una persona splendida che a ottobre mi ha resa nonna per la seconda volta».
Sono stati anni difficili?
«È stato bruttissimo. Vedere il proprio figlio distrutto è indescrivibile. Ma ultimamente si allena, segue altri atleti, si tiene impegnato».
Com’è stato vederlo crescere con la passione dello sport?
«Eravamo molto favorevoli, lo sport dà molto e lui si impegnava tantissimo; l’abbiamo sempre sostenuto. Lo vedevamo felice e per noi era tutto».
Ha fatto molti sacrifici?
«Non ha avuto la vita normale dei ragazzi della sua età: non è mai uscito, niente feste. Ha rinunciato perfino alla gita della maturità perché doveva allenarsi. Cose che si fanno una sola volta nella vita, anni che non ritornano. Viveva per l’atletica».
Avevate paura che lo sport ad alti livelli potesse corromperlo?
«Una madre ha timori continui, ma pensavo che lo sport fosse un ambiente sicuro. Ci preoccupavano le competizioni, le delusioni o qualche disturbo fisico».
Pensavate che potesse capitare quello che è accaduto?
«Mai. Era felicissimo nel suo ambiente, quello che è successo era impossibile da prevedere. Lo sport gli ha dato tanto e poi gli ha tolto tutto, anche la gioia di vivere e la forza di combattere. Hanno distrutto il suo sogno, l’hanno rovinato: era innocente e l’hanno colpito. Queste ferite non guariranno mai».
Crede che il suo sia un caso isolato?
«Non penso. Nell’atletica vedremo tante altre sorprese. Se la Wada inizia a fare indagini non so cosa può saltare fuori. Sono convinta che altri non abbiano avuto la forza di Alex per denunciare e andare avanti».
Una battaglia non semplice.
«Hanno colpito basso e gli hanno fatto male. In questi nove anni ha toccato abissi di disperazione indescrivibili».
La storia con Carolina ne ha risentito?
«Sicuramente è finita a causa del primo scandalo. Non ce la facevano più e capisco che Carolina non abbia più avuto la forza: era una campionessa, scoprire che lo sport poteva essere spietato deve essere stato un trauma. Ora comunque ha un compagno e sono molto contenta per lei; Alex si è sposato e ha una bella famiglia. La vita va avanti».
Nel 2016 il secondo scandalo: avete mai pensato che fosse ricaduto nel doping?
«Mai. Sapevo che volevano rovinarlo. Nel 2012 aveva ammesso le sue responsabilità e aveva pagato per i suoi errori: il capitolo era chiuso, aveva giurato “mai più”, quella storia aveva fatto troppo male a tutti. Sapevo che non ci avrebbe mai più riprovato».
Chi vi è stato vicino?
«Donati, il legale Brandstätter, la sua manager Giulia Mancini: non lo hanno mai abbandonato. Una grande famiglia».
Chi si è defilato?
«Sappiamo com’è la gente: quando vinci sei il grande campione, quando sbagli ti voltano le spalle. Era l’eroe dell’Alto Adige, a casa sono passati tutti i politici finché portava medaglie. Poi sono spariti. Ma c’è la famiglia, uno staff che lo segue e andrà avanti».
Teme che il suo nome resti legato al doping?
«È stato un campione olimpico, nessuno ti regala niente. Credo che la gente lo veda com’è: onesto. E per me vale tanto».
Cosa direbbe oggi a suo figlio?
«Vai avanti con lo sport perché è la tua vita, anche se ti ha colpito così duro: io ti sto dietro e ti seguo. Sono orgogliosa di lui, ha fatto tante belle cose per l’atletica, per gli italiani e non deve mollare adesso. Ha avuto giustizia e se lo merita».
Tornerà a disputare gare internazionali?
«Sarà difficile, Alex va alle Olimpiadi se sa che può farcela: se pensa di arrivare decimo non partecipa. Ma ci vuole tanta testa e lucidità».
Tornando indietro, cosa cambierebbe?
«Nulla. Tutto quello che Alex ha passato lo ha fatto diventare l’uomo che è oggi. Lo sport insegna a cadere e a rialzasi, quando la colpa è tua e quando sono ingiustizie».
Come si spiega quello che gli hanno fatto?
«Alex ha visto tante cose e ha raccontato quello che sapeva. Gli avevo detto di stare attento perché toccava equilibri delicati. E lì hanno iniziato a colpire. Ha denunciato il doping nelle vittorie dei russi, e gliel’hanno fatta pagare. Anche i loro campioni che parlano li rovinano o li fanno fuori».
Ha temuto per lui?
«Questa gente non scherza. Pensavo che gli facessero del male: non avrei mai pensato che inventassero accuse infamanti per distruggerlo».
Ha avuto più paura che “si perdesse” all’apice del successo o in fondo al baratro?
«Ho sempre avuto paura per lui. Nel 2012, dopo lo scandalo, per lo stress ho avuto un ictus. Nel 2016 ho davvero pensato: “un giorno o l’altro lo perdo o me lo fanno fuori”. Ho temuto che facesse un gesto estremo. Poi ha tirato fuori tutta la forza che aveva e si è rimesso in piedi, piano piano. Ora guardiamo al futuro e stiamo a vedere come vanno le cose».
Fiducia Nel 2012 ha ammesso l’errore e lo ha pagato: sapevo che non poteva sbagliare un’altra volta