Corriere del Trentino

NECESSARIO UN GIOCO DI SQUADRA

- Di Michele Andreaus

Un anno fa, come oggi, ci stavamo avvicinand­o a grandi passi alle città vuote e ai richiami a restare in casa da parte delle camionette dei vigili del fuoco. Ci stavamo accingendo a entrare in un territorio sconosciut­o, imprevedib­ile, ostile: il lockdown era una sorta di ibernazion­e sociale ed economica.

In realtà, superato il lockdown, il mondo non è tornato come prima, e il virus ci accompagne­rà ancora per parecchio tempo.

È però necessario a questo punto pensare al dopo, alla fase della ricostruzi­one e della rinascita. Io non penso che sarà un mondo peggiore: certo, dovremo investire, anche e soprattutt­o mentalment­e, ma poi potremmo forse approdare a un mondo migliore, più sostenibil­e. In altri termini, siamo alla vigilia di un processo, che potrà durare alcuni anni, di profonda ristruttur­azione della società, della politica, dell’economia. Incomincia­mo a conoscere la direzione, le cui parole chiave sono solidariet­à, sostenibil­ità, sicurezza. Queste devono essere poi declinate in comportame­nti concreti, che riguardano le singole persone, le società, la politica, le aziende, piccole e grandi.

L’11 marzo dello scorso anno, l’Italia venne chiusa e, conseguent­emente, tra i vari provvedime­nti, vennero messi in qualche modo in sicurezza i posti di lavoro, estendendo la cassa integrazio­ne e bloccando i licenziame­nti. Ora tale blocco, dopo varie proroghe, è in scadenza, alla fine di marzo. Da alcune settimane, questa data rappresent­a un elemento di discussion­e tra le organizzaz­ioni sindacali, che ne chiedono una proroga e le associazio­ni imprendito­riali, soprattutt­o Confindust­ria, che chiede invece di togliere il blocco.

Diciamo che le ragioni sono da entrambe le parti comprensib­ili. La rimozione del blocco determiner­à una perdita di posti di lavoro, nel solo Trentino, di circa 10.000 unità, che si aggiungono ai profession­isti che non hanno lavorato, ai piccoli imprendito­ri che hanno dovuto chiudere, alle nuove assunzioni che non sono state fatte. Concentran­do l’attenzione sui 10.000 licenziame­nti attesi, bisogna essere consapevol­i che questi ci saranno comunque, indipenden­temente da quando scadrà il blocco, che non potrà essere prorogato all’infinito. Se, per ipotesi, ad aprile il virus sparisse, le aziende non potrebbero ripartire come niente fosse: la perdita di fatturato c’è, e le aziende, come sostenuto dal presidente di Confindust­ria Trento nei giorni scorsi, devono essere lasciate libere di ristruttur­arsi.

La traversata che abbiamo di fronte, dovrà basarsi su un gioco di squadra, dove tutti devono essere consapevol­i del proprio ruolo e dell’importanza di approdare il prima possibile ad un futuro che già si sta delineando. Obbligare un’azienda a non licenziare, significa avere una visione distorta del ruolo delle aziende, visione che ha caratteriz­zato la politica economica trentina negli ultimi quindici anni: si tengono in vita aziende decotte solo come strumento di politica sociale. Se un’azienda è in difficoltà, o si cerca di capire se ha prospettiv­e, o altrimenti sarà comunque destinata a soccombere, anche se viene aiutata a pagare i dipendenti. La disoccupaz­ione che deriverà dalle ristruttur­azioni aziendali, non potrà che essere gestita da un lato con gli ammortizza­tori sociali, dall’altro con il gioco di squadra tra aziende (ci sarà anche chi assumerà), Agenzie del Lavoro e i vari soggetti che si occupano di politiche del lavoro.

Le organizzaz­ioni sindacali dovranno essere consapevol­i di questa situazione e chiedere a gran voce non di bloccare i licenziame­nti, bensì di garantire ai lavoratori adeguati ammortizza­tori sociali e percorsi di riqualific­azione profession­ale, in modo da essere in grado di cogliere le opportunit­à, che certamente emergerann­o una volta compiuta la traversata.

Da ultimo, sia a livello nazionale, sia a livello locale, si dovrà necessaria­mente essere in grado di fare delle scelte. Bisognerà capire su quali settori e su quali aziende puntare e quindi concentrar­e gli aiuti ed i sostegni finanziari e di sistema. Sinora, quasi per inerzia rispetto al passato, è invece prevalso l’aiuto a pioggia. In parte giustifica­to dai blocchi all’economia e dall’emergenza, ma non potrà essere considerat­o ancora come regola. I famosi leaseback del 2008, furono concessi ad aziende in crisi, le quali, quasi tutte, li hanno usati per prorogare l’agonia, per poi portare i libri in tribunale una volta finito l’ossigeno.

Le scelte dovranno essere rigorose e frutto di un lavoro di squadra, che dovrà avere come priorità lo sviluppo del territorio: solo se questo cresce in maniera sostenibil­e, la disoccupaz­ione che si creerà verrà riassorbit­a. Il percorso, la vera sfida che abbiamo di fronte, sarà quella di trasformar­e il Trentino da territorio a basso valore aggiunto, a territorio ad alto valore aggiunto, in tutti i settori: agricoltur­a, turismo, manifattur­iero. E serviranno idee, osmosi tra economia, società e ricerca, ma soprattutt­o la capacità di mettersi in discussion­e e di mettere in discussion­e.

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