NECESSARIO UN GIOCO DI SQUADRA
Un anno fa, come oggi, ci stavamo avvicinando a grandi passi alle città vuote e ai richiami a restare in casa da parte delle camionette dei vigili del fuoco. Ci stavamo accingendo a entrare in un territorio sconosciuto, imprevedibile, ostile: il lockdown era una sorta di ibernazione sociale ed economica.
In realtà, superato il lockdown, il mondo non è tornato come prima, e il virus ci accompagnerà ancora per parecchio tempo.
È però necessario a questo punto pensare al dopo, alla fase della ricostruzione e della rinascita. Io non penso che sarà un mondo peggiore: certo, dovremo investire, anche e soprattutto mentalmente, ma poi potremmo forse approdare a un mondo migliore, più sostenibile. In altri termini, siamo alla vigilia di un processo, che potrà durare alcuni anni, di profonda ristrutturazione della società, della politica, dell’economia. Incominciamo a conoscere la direzione, le cui parole chiave sono solidarietà, sostenibilità, sicurezza. Queste devono essere poi declinate in comportamenti concreti, che riguardano le singole persone, le società, la politica, le aziende, piccole e grandi.
L’11 marzo dello scorso anno, l’Italia venne chiusa e, conseguentemente, tra i vari provvedimenti, vennero messi in qualche modo in sicurezza i posti di lavoro, estendendo la cassa integrazione e bloccando i licenziamenti. Ora tale blocco, dopo varie proroghe, è in scadenza, alla fine di marzo. Da alcune settimane, questa data rappresenta un elemento di discussione tra le organizzazioni sindacali, che ne chiedono una proroga e le associazioni imprenditoriali, soprattutto Confindustria, che chiede invece di togliere il blocco.
Diciamo che le ragioni sono da entrambe le parti comprensibili. La rimozione del blocco determinerà una perdita di posti di lavoro, nel solo Trentino, di circa 10.000 unità, che si aggiungono ai professionisti che non hanno lavorato, ai piccoli imprenditori che hanno dovuto chiudere, alle nuove assunzioni che non sono state fatte. Concentrando l’attenzione sui 10.000 licenziamenti attesi, bisogna essere consapevoli che questi ci saranno comunque, indipendentemente da quando scadrà il blocco, che non potrà essere prorogato all’infinito. Se, per ipotesi, ad aprile il virus sparisse, le aziende non potrebbero ripartire come niente fosse: la perdita di fatturato c’è, e le aziende, come sostenuto dal presidente di Confindustria Trento nei giorni scorsi, devono essere lasciate libere di ristrutturarsi.
La traversata che abbiamo di fronte, dovrà basarsi su un gioco di squadra, dove tutti devono essere consapevoli del proprio ruolo e dell’importanza di approdare il prima possibile ad un futuro che già si sta delineando. Obbligare un’azienda a non licenziare, significa avere una visione distorta del ruolo delle aziende, visione che ha caratterizzato la politica economica trentina negli ultimi quindici anni: si tengono in vita aziende decotte solo come strumento di politica sociale. Se un’azienda è in difficoltà, o si cerca di capire se ha prospettive, o altrimenti sarà comunque destinata a soccombere, anche se viene aiutata a pagare i dipendenti. La disoccupazione che deriverà dalle ristrutturazioni aziendali, non potrà che essere gestita da un lato con gli ammortizzatori sociali, dall’altro con il gioco di squadra tra aziende (ci sarà anche chi assumerà), Agenzie del Lavoro e i vari soggetti che si occupano di politiche del lavoro.
Le organizzazioni sindacali dovranno essere consapevoli di questa situazione e chiedere a gran voce non di bloccare i licenziamenti, bensì di garantire ai lavoratori adeguati ammortizzatori sociali e percorsi di riqualificazione professionale, in modo da essere in grado di cogliere le opportunità, che certamente emergeranno una volta compiuta la traversata.
Da ultimo, sia a livello nazionale, sia a livello locale, si dovrà necessariamente essere in grado di fare delle scelte. Bisognerà capire su quali settori e su quali aziende puntare e quindi concentrare gli aiuti ed i sostegni finanziari e di sistema. Sinora, quasi per inerzia rispetto al passato, è invece prevalso l’aiuto a pioggia. In parte giustificato dai blocchi all’economia e dall’emergenza, ma non potrà essere considerato ancora come regola. I famosi leaseback del 2008, furono concessi ad aziende in crisi, le quali, quasi tutte, li hanno usati per prorogare l’agonia, per poi portare i libri in tribunale una volta finito l’ossigeno.
Le scelte dovranno essere rigorose e frutto di un lavoro di squadra, che dovrà avere come priorità lo sviluppo del territorio: solo se questo cresce in maniera sostenibile, la disoccupazione che si creerà verrà riassorbita. Il percorso, la vera sfida che abbiamo di fronte, sarà quella di trasformare il Trentino da territorio a basso valore aggiunto, a territorio ad alto valore aggiunto, in tutti i settori: agricoltura, turismo, manifatturiero. E serviranno idee, osmosi tra economia, società e ricerca, ma soprattutto la capacità di mettersi in discussione e di mettere in discussione.