Cosa bisogna aspettarsi dall’arrivo delle varianti
Dopo un anno di relativa stabilità, il SARS-CoV-2 si sta manifestando con varianti nuove e preoccupanti che emergono in varie zone del pianeta. La comparsa di varianti virali durante una pandemia è un fenomeno prevedibile.
Ivirus acquisiscono mutazioni quando si replicano e, di conseguenza, maggiore è la diffusione di un virus, maggiore sarà la probabilità che muti. A questo meccanismo si aggiunge l’effetto del nostro sistema immunitario, responsabile di operare una selezione delle varianti sulla base della capacità degli anticorpi di riconoscerle. La presenza di un’immunità parziale nella popolazione porterà a far emergere quelle varianti che non vengono bloccate dagli anticorpi, a favorirne la diffusione. Gli anticorpi neutralizzanti funzionano come dei freni che agiscono però solo sui virus che sono in grado di riconoscere: le varianti che non vengono riconosciute avranno quindi un vantaggio rispetto a quelle che vengono bloccate dal sistema immunitario. Ecco perché è importante tenere bassa la circolazione del virus, specialmente durante una campagna di vaccinazione lenta. Facciamo quindi il punto sulle varianti che circolano nel nostro Paese. Variante «inglese»: è una variante identificata a settembre nel Kent, e, attualmente, la più diffusa in Europa. Secondo i dati più recenti, rappresenta circa il 18% dei casi di COVID-19 in Italia. Le previsioni dicono, però, che diventerà presto dominante. Presenta diverse mutazioni e molte interessano la proteina Spike. Tra queste, la mutazione N501Y nel sito di legame con il recettore ACE2 sembra essere responsabile della aumentata trasmissibilità, stimata intorno al 56% in più. Dati recenti suggeriscono che anche l’aggressività del virus sia maggiore e che quindi possiamo aspettarci casi più gravi. Si discute sulla reale maggiore incidenza delle infezioni tra i bambini: è vero che sono aumentati i casi di COVID19 pediatrico in diversi Paesi, ma non è chiaro se questo dipenda da una maggiore capacità di questa variante di infettare i più giovani. In ogni caso, i bambini restano poco colpiti da forme severe della malattia. Varianti «brasiliana»e «sudafricana»: oltre alla mutazione N501Y, che conferisce maggiore trasmissibilità, sono accomunate da una mutazione preoccupante per l’effetto sull’immunità e i vaccini: la E484K. Le varianti che portano questa mutazione sono riconosciute meno efficacemente dagli anticorpi delle persone già guarite, dagli anticorpi monoclonali e dagli anticorpi indotti dalla vaccinazione. La riduzione dell’efficacia dei vaccini è stata valutata in esami di laboratorio o in studi clinici condotti nei Paesi in cui queste varianti sono più diffuse. Johnson&Johnson, per esempio, ha
Con un virus che sta cambiando è necessario non solo rivedere le nostre misure di contenimento ma anche valutare con grande attenzione la strategia vaccinale
visto che l’efficacia del suo vaccino è solo del 54% nei confronti della variante sudafricana, mentre l’efficacia ottenuta negli Usa è del 72%. Uno studio clinico effettuato con il vaccino AstraZeneca, sempre in Sudafrica, ha mostrato efficacia minima del vaccino, spingendo il governo a bloccare le vaccinazioni. Inutile dire, quindi, che queste sono le varianti che destano maggiore preoccupazione. Variante «nigeriana»: identificata dapprima in Nigeria e Regno Unito, è stata recentemente identificata a Napoli. Di nuovo, colpisce la presenza della mutazione E484K che rende i vaccini meno efficaci. In aggiunta, presenta una serie di mutazioni e delezioni di significato ancora incerto. Non sappiamo però se sia anche caratterizzata da maggiore trasmissibilità. Con un virus che sta cambiando, è necessario dunque non solo rivedere le nostre misure di contenimento ma anche valutare con grande attenzione la strategia vaccinale.