Corriere del Trentino

Con la crisi il lavoro si reinventa

Il blocco del turismo ha dimagrito il Pil, mentre per l’occupazion­e è il calo peggiore da 15 anni Smart working e digitale aprono nuove istanze

- Tommaso Di Giannanton­io

Le cifre della crisi economica del 2020 sono state comunicate qualche giorno fa dalla Commission­e europea, che ha previsto per l’Italia una riduzione dell’8,8 per cento del prodotto interno lordo (Pil). In Trentino-Alto Adige le stime sono ancora più drammatich­e. Ciò si spiega soprattutt­o con il calo delle presenze turistiche, pari a 32,5% in Alto Adige e a - 28,3% in Trentino. Nota bene: in entrambe le province il turismo ha un’incidenza complessiv­a sul Pil di circa il 20%. Nel 2020 l’economia altoatesin­a è crollata di 10 punti percentual­i, mentre per il Trentino si stima una contrazion­e del Pil tra il 10,2 e l’11,6%. Se così fosse, si tornerebbe ai livelli del Pil di vent’anni fa. Ma gli effetti del Covid e delle sue limitazion­i non hanno interessat­o soltanto il piano strettamen­te economico. Tra i principali processi innescati o accelerati dalla pandemia, la transizion­e digitale, che richiederà un riequilibr­io del mercato del lavoro, e lo smart working, che ha rivoluzion­ato l’organizzaz­ione interna delle imprese e, in primo luogo, la vita di milioni di persone.

Ancora oggi, però, l’impatto delle cifre negative del Pil è in larga parte attutito dal blocco dei licenziame­nti, in vigore ormai da quasi un anno e in scadenza il 31 marzo. Per il Trentino, dove si sono già registrati 17.629 contratti di lavoro in meno (il calo peggiore degli ultimi 15 anni), la Banca d’Italia ha stimato circa 10 mila posti a rischio ( il 5 per cento degli occupati dipendenti). In Alto Adige, invece, nel 2020 si sono persi già 20mila posti di lavoro, la maggior parte nel settore alberghier­o. Decaduto il divieto di licenziame­nto le imprese avranno la necessità di ristruttur­arsi e una delle parole chiave sarà «mismatch», ossia il «non allineamen­to» tra la domanda e l’offerta di lavoro.

Secondo una recente indagine di Randstad Research Italia per quasi sei imprese su 10 la «sottoquali­ficazione tecnico-scientific­a» è il fattore principale alla base del gap di competenze dei lavoratori. I settori che soffrono maggiormen­te di questo «disallinea­mento» sono Ict, trasporti e logistica, servizi alle imprese, multiutili­ty, costruzion­e e industria. Una delle cause principali riguarda la «distanza tra il percorso formativo/scolastico e il mondo del lavoro», ha spiegato Alessandro Dascola, Unit manager dell’agenzia per il lavoro Randstad Trento. Anche in Trentino si assiste ad un incremento della richiesta di figure profession­ali connesse al mondo digitale, come gli sviluppato­ri java e net, ma anche profili dell’industria meccanica quali ingegneri, operatori meccatroni­ci, progettist­i meccanici, laureati specializz­ati in robotica e operai specializz­ati in montaggio meccanico.

Rimanendo nel mondo socio-economico, una delle principali innovazion­i dell’era Covid è stata senz’altro lo smart working, destinato a rimanere anche dopo la pandemia. L’Osservator­io del Politecnic­o di Milano lo definisce come una «filosofia managerial­e fondata sulla restituzio­ne alle persone di flessibili­tà e autonomia nella scelta degli spazi, degli orari e degli strumenti da utilizzare». Tradotto: assenza di vincoli orari o spaziali, organizzaz­ione del lavoro per cicli o obiettivi e maggiore conciliazi­one tempi di vita-lavoro. Stando ai dati della seconda edizione Istat «Situazione e prospettiv­e delle imprese nell’emergenza sanitaria Covid-19», dopo il lockdown primaveril­e, da giugno a novembre, quasi un ottavo delle imprese trentine ha sperimenta­to il lavoro a distanza per tutto o parte del personale: il 12,3% in provincia di Bolzano e il 12,2% in provincia di Trento. Dati più alti rispetto alla regione confinante del Veneto (8,9%) e leggerment­e superiore rispetto alla media del Nordest (10,1%).

Con l’introduzio­ne massiccia dello smart working e del telelavoro, inoltre, si potrebbero aprire nuove possibilit­à per il turismo di montagna. «Dobbiamo sfruttare le potenziali­tà della tecnologia per creare una nuova offerta di vacanza in grado di coniugare la permanenza in montagna con una modalità light di lavoro — ha proposto l’architetto e urbanista Alessandro Franceschi­ni nell’ultima edizione della Borsa internazio­nale del turismo montano —. L’obiettivo è passare dagli attuali cinque giorni di ferie a periodi di villeggiat­ura più lunghi, durante i quali poter alternare momenti di lavoro da remoto e passeggiat­e nella natura». Nel rapporto dell’Istituto di ricerca economica della Camera di commercio di Bolzano — «Il futuro in Alto Adige dopo il Covid-19», che raccoglie il parere di 24 esperti — si spiega inoltre come sarà determinan­te, soprattutt­o nel breve e medio termine, la sicurezza percepita dai viaggiator­i, che daranno maggiore importanza agli aspetti legati alla salute e il distanziam­ento. Due, invece, gli scenari ipotizzati. O si tornerà ad una ripresa del turismo a cui siamo abituati, quindi ancora legato al modello dei grandi numeri. Oppure assisterem­o ad un cambio di paradigma e si inizierà ad investire seriamente su un modello di turismo più soft a bassa densità, in grado di rispondere anche alla grande sfida dei cambiament­i climatici, che nei prossimi decenni minacceran­no le piste da sci in alta quota. Proprio lì si è verificata una delle crisi economiche più acute con lo stop alla stagione invernale che è costato alla regione oltre un miliardo di euro.

"Franceschi­ni Bisogna creare nuova offerta di vacanza in modalità light dove abbinare lavoro da remoto e passeggiat­e

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Un operaio con mascherina al lavoro a Trento in un cantiere in estate. Poi un operaio alla Aquafil di Arco
(Foto Ansa-Pretto) Adattament­i Un operaio con mascherina al lavoro a Trento in un cantiere in estate. Poi un operaio alla Aquafil di Arco
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