Con la crisi il lavoro si reinventa
Il blocco del turismo ha dimagrito il Pil, mentre per l’occupazione è il calo peggiore da 15 anni Smart working e digitale aprono nuove istanze
Le cifre della crisi economica del 2020 sono state comunicate qualche giorno fa dalla Commissione europea, che ha previsto per l’Italia una riduzione dell’8,8 per cento del prodotto interno lordo (Pil). In Trentino-Alto Adige le stime sono ancora più drammatiche. Ciò si spiega soprattutto con il calo delle presenze turistiche, pari a 32,5% in Alto Adige e a - 28,3% in Trentino. Nota bene: in entrambe le province il turismo ha un’incidenza complessiva sul Pil di circa il 20%. Nel 2020 l’economia altoatesina è crollata di 10 punti percentuali, mentre per il Trentino si stima una contrazione del Pil tra il 10,2 e l’11,6%. Se così fosse, si tornerebbe ai livelli del Pil di vent’anni fa. Ma gli effetti del Covid e delle sue limitazioni non hanno interessato soltanto il piano strettamente economico. Tra i principali processi innescati o accelerati dalla pandemia, la transizione digitale, che richiederà un riequilibrio del mercato del lavoro, e lo smart working, che ha rivoluzionato l’organizzazione interna delle imprese e, in primo luogo, la vita di milioni di persone.
Ancora oggi, però, l’impatto delle cifre negative del Pil è in larga parte attutito dal blocco dei licenziamenti, in vigore ormai da quasi un anno e in scadenza il 31 marzo. Per il Trentino, dove si sono già registrati 17.629 contratti di lavoro in meno (il calo peggiore degli ultimi 15 anni), la Banca d’Italia ha stimato circa 10 mila posti a rischio ( il 5 per cento degli occupati dipendenti). In Alto Adige, invece, nel 2020 si sono persi già 20mila posti di lavoro, la maggior parte nel settore alberghiero. Decaduto il divieto di licenziamento le imprese avranno la necessità di ristrutturarsi e una delle parole chiave sarà «mismatch», ossia il «non allineamento» tra la domanda e l’offerta di lavoro.
Secondo una recente indagine di Randstad Research Italia per quasi sei imprese su 10 la «sottoqualificazione tecnico-scientifica» è il fattore principale alla base del gap di competenze dei lavoratori. I settori che soffrono maggiormente di questo «disallineamento» sono Ict, trasporti e logistica, servizi alle imprese, multiutility, costruzione e industria. Una delle cause principali riguarda la «distanza tra il percorso formativo/scolastico e il mondo del lavoro», ha spiegato Alessandro Dascola, Unit manager dell’agenzia per il lavoro Randstad Trento. Anche in Trentino si assiste ad un incremento della richiesta di figure professionali connesse al mondo digitale, come gli sviluppatori java e net, ma anche profili dell’industria meccanica quali ingegneri, operatori meccatronici, progettisti meccanici, laureati specializzati in robotica e operai specializzati in montaggio meccanico.
Rimanendo nel mondo socio-economico, una delle principali innovazioni dell’era Covid è stata senz’altro lo smart working, destinato a rimanere anche dopo la pandemia. L’Osservatorio del Politecnico di Milano lo definisce come una «filosofia manageriale fondata sulla restituzione alle persone di flessibilità e autonomia nella scelta degli spazi, degli orari e degli strumenti da utilizzare». Tradotto: assenza di vincoli orari o spaziali, organizzazione del lavoro per cicli o obiettivi e maggiore conciliazione tempi di vita-lavoro. Stando ai dati della seconda edizione Istat «Situazione e prospettive delle imprese nell’emergenza sanitaria Covid-19», dopo il lockdown primaverile, da giugno a novembre, quasi un ottavo delle imprese trentine ha sperimentato il lavoro a distanza per tutto o parte del personale: il 12,3% in provincia di Bolzano e il 12,2% in provincia di Trento. Dati più alti rispetto alla regione confinante del Veneto (8,9%) e leggermente superiore rispetto alla media del Nordest (10,1%).
Con l’introduzione massiccia dello smart working e del telelavoro, inoltre, si potrebbero aprire nuove possibilità per il turismo di montagna. «Dobbiamo sfruttare le potenzialità della tecnologia per creare una nuova offerta di vacanza in grado di coniugare la permanenza in montagna con una modalità light di lavoro — ha proposto l’architetto e urbanista Alessandro Franceschini nell’ultima edizione della Borsa internazionale del turismo montano —. L’obiettivo è passare dagli attuali cinque giorni di ferie a periodi di villeggiatura più lunghi, durante i quali poter alternare momenti di lavoro da remoto e passeggiate nella natura». Nel rapporto dell’Istituto di ricerca economica della Camera di commercio di Bolzano — «Il futuro in Alto Adige dopo il Covid-19», che raccoglie il parere di 24 esperti — si spiega inoltre come sarà determinante, soprattutto nel breve e medio termine, la sicurezza percepita dai viaggiatori, che daranno maggiore importanza agli aspetti legati alla salute e il distanziamento. Due, invece, gli scenari ipotizzati. O si tornerà ad una ripresa del turismo a cui siamo abituati, quindi ancora legato al modello dei grandi numeri. Oppure assisteremo ad un cambio di paradigma e si inizierà ad investire seriamente su un modello di turismo più soft a bassa densità, in grado di rispondere anche alla grande sfida dei cambiamenti climatici, che nei prossimi decenni minacceranno le piste da sci in alta quota. Proprio lì si è verificata una delle crisi economiche più acute con lo stop alla stagione invernale che è costato alla regione oltre un miliardo di euro.
"Franceschini Bisogna creare nuova offerta di vacanza in modalità light dove abbinare lavoro da remoto e passeggiate