Vaccino ai primi prof Ioppi: «Troppo pochi, ambulatori in difficoltà»
TRENTO Gli insegnanti sono una categoria esposta al contagio, perché ogni giorno — soprattutto nei primi gradi del ciclo scolastico — hanno un contatto diretto con bambini senza mascherina, che poi tornano a casa, in famiglia. Per questo tutto il personale scolastico può ora accedere alla somministrazione di AstraZeneca, e alcuni tra i medici di famiglia hanno dato la loro disponibilità per inoculare il farmaco nei loro ambulatori: «Una minoranza volonterosa — conferma Marco Ioppi, presidente dell’Ordine dei Medici – ma così è una goccia nel mare, perché nella maggioranza dei casi gli ambulatori non sono attrezzati per la vaccinazione».
Tra i medici di medicina generale c’è chi ha cominciato venerdì a vaccinare nei propri ambulatori gli insegnanti, ma anche nella giornata di ieri qualcuno ha tenuto aperto, nonostante fosse sabato: «Appena ho saputo di questa possibilità – spiega l’educatrice di un asilo nido del capoluogo all’uscita di uno degli ambulatori aperti– mi sono subito informata se il mio medico potesse vaccinarmi. Lo faccio per proteggere me, la mia famiglia, ma anche per una responsabilità collettiva: se tutti si vaccinano – afferma convinta – il virus può essere vinto». I medici di medicina generale possono dunque somministrare le dosi di AstraZeneca ai lavoratori delle scuole trentine. Un procedimento che però non è affatto semplice: devono infatti convocare dieci insegnanti per volta, per non sprecare le dosi di vaccino che nel flacone consegnato sono divise per dieci. «Una volta aperto il flacone — spiega Ioppi — il medicinale si deteriora in due ore, ed è quindi necessario organizzarsi in modo da non avere né ritardi né disdette. E tocca al medico chiamare chi ha diritto alla somministrazione, nel caso specifico i dipendenti della scuola con meno di 55 anni di età. Un caos che la maggior parte dei medici sul territorio non riescono a gestire».
Il presidente dell’Ordine dei Medici spiega le difficoltà: «Sono pochissimi gli ambulatori attrezzati con personale infermieristico e amministrativo, il solo medico non può occuparsi della compilazione del modulo per il consenso informato, della somministrazione e anche del reclutamento di chi ha diritto alla dose vaccinale». La proposta è di agire diversamente: «La campagna vaccinale su larga scala non è un problema medico. Ma è organizzativo, logistico — afferma Ioppi — e su questo c’è da lavorare. Sarebbe più opportuno mettere a disposizione del medico di medicina generale postazioni vaccinali adeguate, quelle che già ci sono sul territorio. Qui possono far venire i loro pazienti, perché non ha senso che la vaccinazione sia fatta da ciascuno in ambulatorio».
La maestra Ho aderito subito Lo faccio per proteggere me, la mia famiglia, ma anche per una responsabilità collettiva