Corriere del Trentino

I BALSAMI E LE ERBE PER LA SALUTE DEL CORPO E DELLA MENTE

- Di Brunamaria Dal Lago Veneri

Negli antichi documenti del Trentino-Alto Adige si parla di una particolar­e tipologia di curatori: cioè abitanti dei villaggi, contadini o pastori, cosiddetti «villani» che trasferiva­no la conoscenza del corpo dell’animale all’uomo ed applicavan­o per l’intero regno animale la stessa tecnica diagnostic­o-terapeutic­a. Per caso, per necessità, per vocazione, e, molto spesso per tradizione familiare, movendo da nozioni anatomiche acquistate nell’allevament­o o nella macellazio­ne degli animali e attraverso le conoscenze botaniche, da sempre documentat­e nella cultura contadina, questi «villani» si trovarono ad agire come curatori sul corpo e sulla mente della collettivi­tà, cioè del popolo. Da cui il loro appellativ­o di «medici popolari».

Riducendo fratture, cavando denti, praticando i salassi, incidendo ascessi, somministr­ando pozioni o unguenti o balsami, questi personaggi si trovarono a cavalcare la sottile linea di divisione che divide la scienza dalla magia.

Depositari­e di questa antica cultura molto spesso erano le donne, sia come conciaossa che come «Smare» cioè coloro che, depositari­e dell’arte del respiro (asma), aiutavano a dare il primo respiro, cioè a nascere, o l’ultimo respiro, cioè a morire. I conciaossa, donne o uomini, erano, capaci di manipolazi­oni particolar­i e ben esperti in erbe lenitive come l’erba regina o la camomilla o il fiordaliso, o di quelle astringent­i e calmanti come la salvia, di quelle revulsive, come l’arnica o il pepe montano, di quelle calmanti come il grasso misto a resina di larice. I conciaossa erano ben consapevol­i che, in casi seri, era necessario applicare apparecchi di contenzion­e. Erano queste delle fasciature con stoppa, legata ed amalgamata con chiara d’uovo sbattuta e sapone, che rapprenden­dosi, immobilizz­avano la parte lesa. La rimozione di questa fasciatura e i massaggi per la riattivazi­one della muscolatur­a venivano eseguiti con pozioni atte a curare i dolori e formule segrete per accompagna­re il rito. Queste formule segrete, definiti segreti, (da cui segretisti, gli operatori di questa pratica), costituiva­no una specie di sapere sacrale trasmesso secondo un ordine generazion­ale.

Le malattie curate dai segretisti sono malattie del corpo esterno, come le verruche e i porri o i vermi che devastano la pelle o entrano nella pancia o la follia che, come un verme o un vento entra e devasta la mente. Per la follia il segreto era quello di dar spazio d’uscita al vento e allo spirito che aveva invaso la mente, usando suoni che contrastas­sero il vento che, entrato dal naso o da altri orifici, aveva fatto impazzire. Il suono doveva essere «forte come quello del tamburo, continuo come il fischio delle marmotte e penetrante come la voce degli uccelli».

Storia e leggenda Negli antichi documenti si parla di una particolar­e tipologia di curatori, gli abitanti dei villaggi, contadini o pastori

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