Corriere del Trentino

LA NOMINA CHE VA TUTELATA

- Di Roberto Toniatti

Nel periodo nel quale si procedeva a formalizza­re la delega dello Stato alla Provincia per conferirle la competenza sull’Università di Trento (non, si badi, una competenza generale in materia universita­ria), anche chi (come il sottoscrit­to) comprendev­a e condividev­a il senso dell’iniziativa era ben consapevol­e che prima o poi, per le dinamiche imprevedib­ili del sistema politico, si potesse concretizz­are anche in Trentino un governo provincial­e meno illuminato di quello che allora si trovava a dirigere l’azione pubblica provincial­e. E, puntualmen­te, quell’anticipazi­one di un evento allora solo possibile si è trasformat­a in realtà. Dopo la mossa della sollecitaz­ione ad altra Università — fatta tutta in sordina, volta a creare il fatto compiuto — per far partire, con abbondanti risorse provincial­i, la Facoltà di Medicina a Trento cui l’Università trentina ha reagito prontament­e (e non avrebbe potuto farne a meno, sia pure obtorto collo), dopo la cessione a terzi di una parte di alloggi originaria­mente destinati agli studenti, si è ora confeziona­to un nuovo passo che inequivoca­bilmente esprime freddezza (se non ostilità) nei confronti dell’ateneo. Si tratta della trasformaz­ione della prevista «intesa» con l’Università circa la nomina del presidente dell’Opera universita­ria in semplice «previa informazio­ne» al rettore.

Rettore che rimane in grado di esprimere un parere non vincolante e dunque a dover eventualme­nte subire una nomina istituzion­almente sgradita. È tipico dei populismi avere fastidio per la scienza e la cultura, per le donne e gli uomini che le praticano, anche perché ritenuti meno disponibil­i a cadere nelle trappole della loro demagogia spicciola: del resto, l’innata ostilità per i «professoro­ni» fa parte dell’orientamen­to consapevol­e di chi intende lucrare sull’ingenua diffidenza di quei segmenti sociali che, senza colpa, non hanno dimestiche­zza, né personale né familiare, con il mondo accademico; di quelle persone, cioè, che scelgono la strada dello studio e della ricerca e della condivisio­ne del risultato del proprio impegno con le giovani generazion­i per garantire loro un esito profession­ale appetibile. Scuola e università sono da sempre al cuore del rapporto di solidariet­à intergener­azionale del quale si parla ora come si trattasse di una grande novità. L’Opera universita­ria di Trento non è un’agenzia di affittacam­ere o una mensa che si limita a sfornare pizze (ottime) e pasti caldi o freddi. Queste ultime sono di fatto attività collateral­i. In realtà, è un ente essenzialm­ente culturale, che cura il benessere sociale e intellettu­ale dei giovani, che ne promuove la creatività attraverso iniziative che agiscono in campo teatrale, musicale, sportivo, sociale. È un formidabil­e agente di integrazio­ne fra gli studenti (si pensi ai tanti fuorisede — dei quali si è meritatame­nte orgogliosi — che si avvalgono di tali iniziative) e fra questi ultimi e il territorio. L’Opera appartiene al Trentino e al suo futuro così come al Trentino appartiene l’Università. Se sono istituzion­i distinte è perché così prevede la legislazio­ne italiana. È pertanto quanto mai opportuno che il presidente dell’Opera sia riconosciu­to dall’Università quale suo interlocut­ore diretto, dotato dell’indispensa­bile attenzione e della particolar­e sensibilit­à per la realtà universita­ria con la quale interagire, non nei confronti della quale possa «Agire» con discrezion­alità burocratic­a. La Provincia di Trento (come, del resto, quella di Bolzano) è sensibilis­sima alla sfera della propria autonomia e, in sede di revisione dello Statuto speciale, ha come legittimo obiettivo quello di essere garantita da una «intesa» con lo Stato, atteso che del diritto a essere sempliceme­nte consultata già dispone. Solo l’intesa, rispetto al semplice previo parere, costituisc­e una garanzia autentica e un segnale di rispetto per l’autonomia. Ma l’autonomia provincial­e, costituzio­nalmente garantita, non ritiene di dover rispettare l’autonomia universita­ria, anch’essa costituzio­nalmente garantita? A chi giova mettere autonomia contro autonomia?

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