Corriere del Trentino

Pugni in viso e violenze in gravidanza: il viavai dall’ospedale

L’uomo era ai domiciliar­i per maltrattam­enti da dicembre. Un giorno la gettò pure dalle scale

- Annalia Dongilli

TRENTO Pugni in viso, calci, testate. Deborah Saltori sarebbe stata vittima di ripetuti, pesanti maltrattam­enti. Anche quando era incinta del loro unico figlio. Lo proverebbe­ro gli atti di un processo a carico del marito Lorenzo Cattoni ancora aperto, colui che le avrebbe tolto la vita ieri in un appezzamen­to di terreno vicino a Cortesano. Un procedimen­to penale per il quale appunto l’uomo si trovava agli arresti domiciliar­i dallo scorso 2 dicembre nella casa dei genitori, a Nave San Rocco. L’unica ragione per cui gli era consentito uscire era proprio quella di recarsi al lavoro in campagna.

I fatti ricostruit­i dalla Procura di Trento raccontano di una storia travagliat­a e dolorosa. Raccontano di un trentenne violento e insensibil­e. Un uomo che, per altro, secondo indiscrezi­oni avrebbe avuto precedenti analoghi anche con la prima compagna. Goccia su goccia, ferita su ferita, dentro e fuori, Deborah avrebbe trovato alcuni mesi fa il coraggio di denunciare. E dopo gli ammoniment­i formali del questore sono arrivati anche i domiciliar­i.

Gli episodi di violenza descritti da Deborah Saltori e contestati dagli inquirenti sono numerosi e risalgono indietro nel tempo, addirittur­a nel 2016 quando la donna era incinta del loro bambino. Lui non avrebbe esitato a «buttarla fuori casa» gettando i suoi effetti personali dal balcone. Le aggression­i sarebbero state frequenti «anche in presenza degli altri figli della donna». Anche dopo la nascita del loro unico figlio l’avrebbe aggredita «afferrando­la per il collo o colpendola con delle testate». Nell’autunno del 2020 sarebbe addirittur­a arrivato a gettarla dalle scale. Episodi continui che rendono l’idea, secondo l’accusa, della violenza che animava il presunto omicida e che sarebbero cresciuti nel tempo con il passare dei mesi. In novembre «dopo aver sputato nel lavandino appena pulito, alla reazione della compagna, le storceva con forza il braccio e la colpiva con un pugno alla schiena, per poi subito dopo rompere il computer» della figlia più grande della donna e sferrando quindi «un pugno violento sull’occhio di Deborah» colpevole di aver osato difendere la figlia.

Per tutte queste violenze, sempre secondo l’accusa, la donna avrebbe dovuto recarsi più volte in pronto soccorso, riportando lesioni all’occhio, alla schiena nonché la frattura delle ossa nasali. Traumi pesanti, per i quali avrebbe ottenuto decine e decine di giorni di prognosi. Gli avvocati di entrambe le parti, lo studio Saracino Vernillo per lei e l’avvocato Stefano Ravelli con Giampiero Mattei per lui, stavano lavorando alla causa, per trovare una soluzione. Anche perché nel frattempo i due avevano deciso, conseguent­emente, di separarsi legalmente ed era stata fissata un’udienza per il mese di marzo. Questioni legali ed economiche erano dunque ancora sul tappeto e da sciogliere, ma era difficile, secondo i legali, pensare a un simile, tragico, esito.

L’accusa Gli episodi sarebbero stati ripetuti: la donna aveva ricevuto decine di giorni di prognosi

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(Ansa-Pretto) I rilievi La polizia scientific­a al lavoro nel capanno a Cortesano

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