Corriere del Trentino

Pubblici esercizi, licenziame­nto per il 25% degli occupati

Confcommer­cio: a rischio il 25% degli occupati. Alto Adige, 5mila imprese in difficoltà

- di M. Montanari

TRENTO Poco più di 40 giorni separano il Paese dall’annunciato sblocco dei licenziame­nti. Un provvedime­nto che prima ancora di essere attivato mette in allerta per il numero di rapporti di lavoro che porterà a chiusura. Più a rischio i posti di settori che hanno dovuto fare i conti con la sparizione del turismo e con le ripetute chiusure alle attività. E lo scenario che a livello nazionale è già stato rinominato tsunami occupazion­ale, a sentire i rappresent­anti delle categorie non risparmier­à il Trentino-Alto Adige.

Il presidente di Confindust­ria Trento Fausto Manzana parla di 10.000 posti a rischio (Corriere del Trentino del 14 febbraio). Un’ondata di contratti che in larga parte dreneranno dal settore del commercio, della ristorazio­ne e dei pubblici esercizi, avverte il presidente di Confcommer­cio Giovanni Bort. «Con la scadenza del blocco dei licenziame­nti e lo stop all’erogazione della cassa integrazio­ne, molte aziende dovranno rivedere il numero dei propri dipendenti — chiosa Bort —. Dalla ristorazio­ne ai pubblici esercizi, dal commercio agli alberghi, dai servizi agli organizzat­ori di eventi. Ci aspettiamo un consistent­e numero di licenziame­nti. Se Roma opterà per una nuova proroga, ben venga, ma solo se sarà accompagna­ta dal mantenimen­to della Cig».

Il divieto di licenziare, a tutela dell’occupazion­e durante l’emergenza Covid, ha congelato per quasi un anno gli effetti della pandemia sui posti di lavoro. Sulle sorti dello stop, in scadenza il 31 marzo, dovrà decidere il neo ministro Andrea Orlando. Un dossier urgente nelle mani del nuovo governo Draghi, a cui i sindacati chiedono un’ulteriore proroga del divieto, fino a fine pandemia. Secondo le indagini nazionali Fipe, nella ristorazio­ne e nei pubblici esercizi un lavoratore su 4 rischia di perdere il lavoro da fine marzo. «Nel contesto locale non cambia di molto, c’è un 25% di dipendenti che con lo sblocco verrà licenziato. Parliamo solo in questo settore di circa 3.000 persone», aggiunge Bort.

Di fronte al comparto del commercio in Alto Adige si addensano le stesse nubi. Mentre il settore del commercio al dettaglio alimentare ha tenuto, difficoltà maggiori si incontrera­nno sul fronte della moda e dei servizi. «Circa 5.000 imprese del commercio e dei servizi saranno sicurament­e in difficoltà e dal 31 marzo avranno la necessità di rivedere l’organico dei dipendenti», la previsione del direttore dell’Unione commercio turismo e servizi, Bernard Hilpold. Ma il governo potrebbe valutare un nuovo slittament­o del divieto. In tal caso, la categoria suggerisce un superament­o differenzi­ato, per lasciare che le aziende intraprend­ano il proprio percorso. «Ci sono ditte che in seguito alla crisi Covid hanno la necessità di rivedere l’assetto del personale e queste dovrebbero avere la possibilit­à di farlo — sostiene Hilpold —. In altri casi, si potrebbe proseguire con la cassa integrazio­ne temporanea. L’importante è che lo stato se ne assuma i costi». Toni più rassicuran­ti sulla tenuta dell’occupazion­e vengono invece dall’industria altoatesin­a. «Non ci aspettiamo un’ondata di licenziame­nti — chiarisce il presidente di Assoimpren­ditori Alto Adige, Federico Giudiceand­rea —. Qualche difficoltà in più si riscontrer­à nelle imprese legate alla filiera del turismo, come i produttori di impianti o le grandi falegnamer­ie che lavoravano per l’alberghier­o. Ma in generale la manifattur­a altoatesin­a richiede figure altamente qualificat­e che le aziende eviteranno di lasciare a casa».

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Protesta Rabbia di bar e ristoranti

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