«Chi è il giudice che ha permesso a Lorenzo di fare tutto questo?»
Lo sfogo di uno zio. I genitori di Cattoni: sconvolti, una tragedia
A Nave San Rocco
I familiari dell’omicida sotto choc: «Il dolore è così grande che non ci sono parole»
NAVE SAN ROCCO I genitori di Lorenzo Cattoni sono rinchiusi nel loro dolore dentro la casa di famiglia tra le campagne di Nave San Rocco: «Questa è una tragedia grande», fanno sapere la mamma Claudia Zeni e il papà Giorgio. La notizia che il loro figlio ha ucciso la ex compagna, la madre del loro ultimo nipote, e che ora Lorenzo è ricoverato in terapia intensiva perché ha cercato il suicidio dopo la barbara uccisione di Deborah Saltori li ha devastati: «Sono a terra. Quello che è successo è così grande che io non so...», spiega con difficolsconvolta, tà Alessandro Cattoni, zio di Lorenzo, fratello di suo padre. Abita nella stessa casa di famiglia, è lui che difende il riserbo dei parenti, che chiede il rispetto per il loro dolore: «Il dolore è tanto grande che non ci sono parole». Lo zio si affaccia alla porta di casa, si scusa per non poter dire di più: «La famiglia non vuole aggiungere altro, sono a terra, devono fare i conti con una tragedia grande. È stata qui anche la Questura, ci ha consigliato di non rilasciare dichiarazioni».
Anche un altro zio, il fratello della mamma di Alessandro Cattoni, pesa le parole. Vorrebbe dire tanto, ma sembra voglia trattenersi: «Prima di tutto — dice con la voce rotta dall’emozione — vorrei sapere il nome e il cognome del giudice che ha permesso a mio nipote di lasciare i domiciliari per recarsi fin su nel paese dove abitava quella povera ragazza». Si riferisce al permesso di lavoro che era accordato a Cattoni, per la coltivazione dell’appezzamento di terra a Cortesano, frazione di Trento, dove nel capanno ha assassinato Deborah Saltori. «Vorrei sapere perché non è stata protetta, perché non è stato protetto anche lui dal compiere questa tragedia». Lo zio materno, che gestisce un minimarket a Nave San Rocco, pensa ai figli di lei, di lui: «Penso a quei bambini, a quello che dovranno sopportare». E aggiunge, commosso: «Queste disgrazie purtroppo succedono troppo spesso, ma si potrebbero impedire: non lo dico io, lo dicono tutti. Ditemi chi è quel giudice che ha permesso a mio nipote di andare là», ripete deluso e arrabbiato insieme. Lo zio di Alessandro ha sentito la sorella poco dopo aver appreso la notizia: «Come può stare una madre dopo aver saputo quello che è successo? È disperata. Non sono andato a casa loro, sanno che se hanno bisogno io ci sono. Ognuno vive questo dolore a modo suo, c’è chi ha bisogno di stare da solo».
«Un dolore grande», un sentimento che anche gli avvocati della famiglia Cattoni hanno raccolto dopo la lunga chiacchierata con i genitori di Lorenzo. I due legali — Luca Pontalti e Stefano Ravelli — parlano di una famiglia «disperata e che non riesce a darsi ragione di quanto è avvenuto»: «La madre di Lorenzo — riferiscono — era molto legata anche alla sua compagna, a Deborah Saltori, e anche al nipotino», il bambino di 5 anni nato dalla relazione tra Lorenzo e Deborah. Un dolore che coinvolge tutta la comunità di Nave San Rocco, ma anche della vicina Zambana: «Ed è alla comunità che dobbiamo stare vicini — spiega infatti Renato Tasin, il sindaco di Terre d’Adige, il comune che ora comprende i due paesi della Rotaliana — perché qui tutti conoscono la famiglia Cattoni, tutti sentono e partecipano la tragedia. Perché anche se si tratta della famiglia dell’assassino, sono anche loro vittime di quanto è accaduto, questo ce lo dobbiamo ricordare». E sulla pagina Facebook dell’amministrazione comunale un post che racchiude questo pensiero: «Quanto accaduto ci scuote e ci lascia profondamente tristi, sconcertati e senza parole. Non sta a noi giudicare, certo è che il sistema e la nostra società hanno fallito: non hanno saputo salvare Deborah e non hanno saputo aiutare Lorenzo. In questo momento di immenso dolore, il nostro pensiero va alla famiglia di Deborah e ai suoi figli, privati per sempre dell’affetto e della cura di una madre. Ma la nostra vicinanza va anche alla famiglia di Lorenzo, gravata di una sofferenza enorme. Rimane la consapevolezza — conclude il post — che abbiamo ancora tanta strada da fare per dare significato profondo della parola amore».
Il Comune «Il sistema ha fallito: non ha saputo salvare Deborah né aiutare Lorenzo»