La casa del lievito naturale «Custodiamo tradizioni»
Dall’ateneo di Bolzano, Gobbetti analizza i preparati per la biblioteca belga
Sankt Vith, cittadina belga di lingua tedesca della provincia di Liegi con meno di diecimila abitanti, custodisce un piccolo grande tesoro: la «Biblioteca del lievito madre». Un’immenso frigorifero situato all’interno del Centro per il sapore del pane creato da Puratos, la multinazionale belga che produce e vende prodotti per il settore dei lievitati da forno e che ha sede in più di cento Paesi del mondo. A gestire questa biblioteca, però, è un «cervello» italiano: Marco Gobbetti, preside della facoltà di Scienze e Tecnologie dell’università di Bolzano.
Il docente e ricercatore originario di Perugia, che per tanti anni è stato responsabile del laboratorio di Microbiologia di Bari, uno dei più importanti d’Italia, è tra i massimi esperti mondiali nel suo settore scientifico, tanto che Google Scholar lo mette al primo posto al mondo in «Food Microbiology». Oggi è membro del Comitato per la Biosicurezza, le biotecnologie e la scienza della vita del Consiglio dei ministri, è responsabile di oltre centoventi progetti di trasferimento tecnologico del settore alimentare e ha depositato otto brevetti. Ma, soprattutto, è a capo dell’équipe di ricercatori altoatesini di «Micro4Food», con sede al Noi TechPark di Bolzano, specializzati in microorganismi per gli alimenti.
Il fiore all’occhiello della sua carriera è senza dubbio il ruolo di primo piano che riveste alla «Biblioteca del lievito madre». «Ho iniziato con un progetto di ricerca all’inizio degli anni ‘90, quando ancora ero all’università di Perugia ricorda - Ci chiesero di lavorare sulla panificazione e in particolare su lieviti naturali e sul lievito madre. Fummo i primi in Italia e in Europa, con largo anticipo rispetto ad altri centri di ricerca, a occuparci della tematica».
Nel 1996, da ricercatore trentenne, fu invitato a partecipare a una conferenza in Francia. «Lì c’era il responsabile di ricerca e sviluppo di Puratos, la maggiore azienda belga di prodotti per i lievitati da forno, e mi chiese di tenere un seminario in Belgio sulle mie ricerche. A quel tempo racconta Gobbetti - non esistevano neppure le presentazioni power point e ricordo che portai con me moltissimi lucidi da mostrare». La collaborazione prosegue e il laboratorio Puratos, con il supporto del docente italiano, matura esperienza nel campo specifico. «Così siamo diventati il laboratorio di riferimento per la “Biblioteca dei lieviti” che oggi analizza pani provenienti da tutto il mondo».
L’idea nasce una decina di anni fa. «Abbiamo iniziato a ragionare sulla storia, la tradizione e le ricette che sarebbe stato importante custodire, così come è importante custodire i microorganismi che stanno dentro a questi preparati - spiega il professore dell’ateneo bolzanino - Da lì è nato il progetto di questa biblioteca unica al mondo in cui sono presenti circa duecento lieviti naturali che arrivano da tutto il globo: gli ultimi persino dall’Alaska».
Per motivi oggettivi, la library non può custodire troppi lieviti. «Per questo ora stiamo pensando di fare una start-up che caratterizzi i lieviti naturali di tutto il mondo - rivela il preside - I microorganismi possono derivare dalla farina o dall’ambiente, quindi ogni panificio ha un lievito naturale diverso da ogni altro e questo è il segreto della tipicità. Nel centro ci sono tanti frigoriferi nei quali sono alloggiati, in contenitori di vetro, centinaia di lieviti e quattro persone sono completamente dedicate alla gestione di questa biblioteca. Tre o quattro volte all’anno ripassano, a turno, vengono “rinfrescati”. Il segreto è rispettare le ricette e gli ingredienti originali dei paesi da cui provengono, altrimenti in un paio di ripassi ne verrebbe completamente annullata e stravolta la diversità. Quindi il centro si approvvigiona continuamente da questa o quella panetteria o forno della Cina come del Nordafrica».
Il presupposto per accogliere e catalogare un nuovo lievito è che sia «portavoce» di una lunga tradizione e che sia stato utilizzato per lungo tempo. In Italia i primi due ad essere accolti sono stati i pani di Altamura, in Puglia, e di Castelvetrano, in Sicilia: i due pani italiani che hanno una denominazione di origine protetta. «L’Italia ha una grossa tradizione di panificazione: si stima che ci siano circa trecento tipologie di pane ed essendoci io dietro al progetto, la biblioteca ospita un buon 30-40 per cento di lieviti nostrani - ammette Gobbetti - Il Trentino Alto Adige, dove vivo da quattro anni, mi ha stupito per la sua tradizione di panificazione: ci sono tante realtà artigianali che fanno buonissimi pani utilizzando lieviti naturali ma, forse, per volumi di mercato sono inferiori ad altre tipologie ben più diffuse e conosciute».