Willie Peyote «Vi racconto la mia biografia»
Il rapper protagonista al Festival «Orbita» Dialogo con Civati su vita, musica e libri «Mi racconto nei brani che scrivo. E il successo di Sanremo vorrei cantarlo presto dal vivo»
Il dialogo tra Willie Peyote e Giuseppe Civati sarà giovedì (ore 18.30) uno degli eventi di punta del festival «Orbita – Tutto intorno alla musica», organizzato da Impact Hub Trentino in collaborazione con la libreria Due Punti di Trento.
Il rapper torinese è reduce dal successo di Mai dire mai (la locura), che al Festival di Sanremo gli è valso il Premio della Critica Mia Martini. E proprio durante la settimana del Festival è uscito in libreria Dov’è Willie?, primo volume della collana Birrette edito da People, in cui Willie Peyote dialoga con l’amico editore Giuseppe Civati.
Una chiacchierata sulla scena musicale attuale, il contesto culturale, le radici torinesi e il politicamente corretto, fino alla partecipazione all’ultima edizione del Festival di Sanremo. Ne emerge un profilo coerente e fuori dal coro in cui Guglielmo Bruno, in arte Willie Peyote, si conferma lontano dagli stereotipi del rapper come dimostrato in dischi come «Educazione Sabauda» (2015) e «Iodegradabile» (2019). Federico Zappini della libreria Due Punti modera il dialogo tra i due protagonisti, trasmesso sulla pagina Facebook di Impact Hub Trentino.
Willie Peyote, come valuta l’esperienza del Festival di Sanremo?
«Una situazione strana perché a Sanremo non potevo uscire dall’albergo e poi una volta sul palco ero in diretta di fronte a milioni di telespettatori. Senza dubbio l’Ariston è un palco che mette alla prova ma quello che mi rende più orgoglioso è avere ricevuto il Premio della Critica Mia Martini, che tra tutti i riconoscimenti premia proprio la scrittura».
Come scrive nel suo libro «Dov’è Willie?», a Sanremo non sarebbe mai andato se non fosse stato per la pandemia?
«Ho dovuto interrompere il tour nei club del disco precedente dopo poche date e quindi ho cominciato a lavorare alla scrittura dei brani. “Mai dire mai” era un pezzo che nel testo originario era
più centrato sul mondo della musica, l’ho reso più generale e a quel punto i miei discografici mi hanno detto che era perfetto per Sanremo».
«Mai dire mai (la locura)» è già disco d’oro: diventerà uno
dei suoi brani del cuore? «Per affezionarmi completamente a un brano devo aspettare di suonarlo dal vivo. Al di là del riscontro del pubblico, che fa indubbiamente piacere, “Mai dire mai” resterà comunque il ricordo di un compagno di viaggio importante in un momento particolare».
Come sarà il dialogo con Giuseppe Civati a «Orbita»?
«Sarà una chiacchierata tra due persone che si conoscono e in cui emergono aspetti della mia storia che raramente ho raccontato in passato. Il rapporto con mia madre testimone di Geova o i problemi di depressione servono per affrontare altri temi come la discriminazione o le scelte lavorative. Con Civati è bello confrontarsi su temi diversi e credo che il filo del discorso seguirà quello del libro».
Ha qualche ricordo legato al Trentino?
«L’ultima volta che sono venuto a Trento è stato nell’estate del 2019, in occasione del Poplar Fest, a parlare di poesia assieme a Dutch Nazari e Alessandro Burbank. Ricordo anche l’ultimo concerto al Teatro Sanbapolis a fine 2017 per il tour di “La sindrome di Toret”: mi auguro di tornarci presto con la mia band che si è un po’ rinnovata rispetto a quella esibizione».
Come vede il futuro della musica dal vivo?
«L’annuncio degli stadi aperti per gli Europei di calcio credo sia da interpretare positivamente in vista di una riapertura in estate anche per la musica all’aperto. Appena ci sarà la possibilità ricominceremo a suonare: è un’esigenza importante sia per noi artisti che per il pubblico».