BANDIERA TRENTINA PER SALVINI
Da domani il Trentino riapre bar e ristoranti solo in modalità outdoor, mentre l’Alto Adige — dopo gli strappi del passato — ha scelto di aderire al calendario draghianopandemico che ha ormai sostituito quello gregoriano. Le due autonomie speciali si sono dunque scambiate le carte delle strategie, invertendo rischio e prudenza. Il rovesciamento della tendenza ha una spiegazione territoriale e una nazionale, in particolare nella tensione che contrappone le forze politiche a sostegno del governo Draghi. Alla fine il Trentino è la bandiera che la Lega (e Salvini) issa per pressare i suoi alleati (Pd e ministro Speranza in primis) e accogliere in chiave di consenso i segnali di disagio che si sono moltiplicati come i pesci biblici nella società e nel compound economico.
Il governatore Fugatti ha annunciato ieri quello che da qualche giorno era un pensiero sotterraneo e condiviso con il Capitano. È uno strappo parziale con la linea invernale — che comunque ha visto il Trentino quasi sempre in giallo — contrassegnata dalla cautela e dalla volontà di non sbattere contro le impugnative del governo.
Fugatti ha uno scudo normativo debole — la legge provinciale numero 3 del 2020 — dopo la pronuncia della Corte costituzionale contro la Valle d’Aosta, ma la sua anticipazione ha un effetto più simbolico-elettorale che reale. E soprattutto la tempistica individuata — come per la riapertura delle scuole alla vigilia delle festività pasquali — non offre troppe sponde di intervento a Roma (dove la ministra Gelmini non è comunque Boccia) perché i tempi dei conflitti giuridici e di attribuzione delle competenze hanno senso in un campo lungo e non breve come quello attuale, di una sola settimana. Se l’idea di affermare le prerogative dell’autonomia rimane dunque lo sfondo, anche se per estendere il raggio delle proprie attribuzioni occorrerebbe una norma di attuazione che normi le relazioni Stato-autonomia durante le emergenze sanitarie o addirittura una modifica statutaria, la spiegazione complessiva rimarrebbe monca senza l’oltranzismo delle riaperture che la Lega si è intestata.
Il lancio d’agenzia di mercoledì in cui Salvini annunciava la riapertura dei locali in Trentino nel weekend — poi differita a domani — non è stato un errore di comunicazione. Ma designava la nostra provincia come uno dei tasselli della strategia della tensione sul governo condotta dal leader leghista. Perché il Trentino e non il Veneto? Intanto perché è una Provincia autonoma che può giustificare meglio la fuga in avanti. In secondo luogo perché la demografia contenuta e dispersa e il calo di Rt (0,69 contro 0,81) hanno un effetto calmierato sul rischio. In terzo luogo, la contiguità politica di Salvini con Piazza Dante è superiore a quella con Venezia. Le consumazioni solo all’aperto riducono, poi, ulteriormente il pericolo sanitario mentre l’avanzamento delle vaccinazioni e la transizione all’estate rendono la riapertura più accettabile rispetto alla vulnerabilità dell’inverno. Ma non bisogna dimenticare che gli ospedali sono ancora sotto stress, i decessi — a cui ci siamo assuefatti come fossero numeri da gioco — proseguono e il piano vaccinale procede a rilento per la cronica assenza di materia prima.
L’Alto Adige, dopo le riaperture invernali e il buio dei lockdown protratti, ha imboccato invece la strada della cautela massima. La macchina delle vaccinazioni è la prima in Italia, il tracciamento è capillare al punto da toccare picchi di isteria (come a scuola) e il peso politico della Svp in parlamento (e in Senato più specificamente) non è quello del governo Conte. Qui la Lega può ben poco se le rappresentanze del partito del popolo sudtirolese dicono no. E in una fase di strumentalizzazioni politiche la scelta di Kompatscher di attendere il cronoprogramma romano è anche una chiara scelta di campo.