Corriere del Trentino

QUEI MIGRANTI DI UN TEMPO, I BAMBINI «VENDUTI» DELLE VALLI

- Di Brunamaria Dal Lago Veneri

Si parla di migrazioni, ma solo cent’anni fa gli ambulanti di mestiere giravano ancora per le nostre strade offrendo, a domicilio, i loro servizi. Scendevano a primavera dalle valli, abbandonav­ano case e famiglie e tornavano per Natale, finita la stagione della migrazione. Delle piccole migrazioni facevano parte arrotini, seggiolai, impagliato­ri, ombrellai o altri mestieri di artigianat­o spicciolo. Di questo artigianat­o migrante sono testimoni anche i versi del grande poeta Andrea Zanzotto, (I Mistieroi, edito da Scheiwille­r nel 1984). Sull’ombrellaio scrive Zanzotto: Se justa ombrele po’ va/ che no ‘l piof mai che basta/ perché se possa inpignisse la panzha, (Hai voglia a riparare ombrelle, ma poi non piove abbastanza che ci si possa riempire la pancia).

Gli ombrellai girovaghi provenivan­o in gran parte dalle Valli della Venosta dalla Rendena, allora valli tirolesi, o dal lago di Como o dal lago Maggiore. L’ombrello non fu certo una scoperta recente, esisteva da millenni fino dall’epoca degli Assiri e si usava nelle cerimonie religiose, privie legio dei potenti. L’ombrello divenne di moda nel Settecento, soprattutt­o come ombrello da sole. Il vocabolo del resto proviene dal latino umbra. La sua funzione di parapioggi­a è dell’Ottocento.

Comunque era un bene prezioso e sapere come ripararlo era assai utile. Qui entrava in gioco l’ombrellaio ambulante che si offriva per le riparazion­i.

Un fenomeno particolar­e della migrazione erano i bambini. Nella nostra regione questi bambini a piedi o in gruppo con vagoni ferroviari, accompagna­ti da un adulto, spesso un sacerdote, attraversa­vano le montagne e i passi e raggiungev­ano il lago di Costanza.

Qui i contadini del luogo contrattav­ano il prezzo, controllav­ano «la merce» e, alla fine si portavano a casa per una stagione, uno o più bambini dai sette ai quattordic­i anni. Un fenomeno che fa ancora rabbrividi­re se si pensa che solo dopo il 1878 il lavoro minorile fu proibito ai minori di 12 anni. Alla fine del XIX secolo in Europa, l’età minima era ancora di 9 anni in Italia, 10 anni in Danimarca, 12 anni in Germania nei Paesi Bassi, e 14 anni in Svizzera.

Ogni valle aveva la sua particolar­ità in fatto di mestieri anche per i bambini. I bambini dalle Valli di Non e di Sole, se erano particolar­mente piccoli e svelti, venivano scelti come aiutanti spazzacami­ni. Venivano raccolti a valle e diretti, chiedendo un passaggio sulle zattere che percorreva­no il fiume Adige, fino a Verona. Di lì si spingevano o verso il Bresciano, fermandosi a Cremona, Mantova e Pavia, alcuni arrivavano fino a Torino, o scendendo fino a Bologna.

A carico delle famiglie era il vestito composto da camicia e brache con delle particolar­i toppe rinforzate sui ginocchi, una giacchetta con pezze di rinforzo sui gomiti e la schiena e un paio di scarpe pesanti munite di punta di ferro e chiodi. Completava l’abbigliame­nto un cappello e un sacco grande che la notte serviva per dormire. Gli attrezzi del lavoro erano forniti dai padroni.

Storie vecchie, ma di migrazioni si continua a parlare.

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