BISOGNA RISPETTARE LA TERRA
La giornata della terra mette al centro un tema fino a qualche decennio fa del tutto secondario nella cultura occidentale. La terra era un concetto che si dava per scontato, che non si tematizzava: base di ogni nostra scelta, ci appariva illimitata, senza confini, dunque non problematica. L’attesa positiva per il futuro celava e non illuminava i suoi fondamenti e la sua origine. Oggi la terra è in questione e lo è in molti modi. Anzitutto come pianeta: è tutto sommato recente la consapevolezza del carattere cosmico del luogo in cui viviamo, dei suoi rapporti con la nostra stella, il Sole, fonte di energia e di vita, ma al tempo stesso in grado di metterla a repentaglio se non filtrata da un’atmosfera integra e adatta alle funzioni vitali. Tutti noi sentiamo direttamente sulla nostra pelle esposta al sole la forza e anche la pericolosità della luce solare e del suo calore. Del resto il fuoco è sempre stato accompagnato da un’ambivalenza di fondo: illumina e brucia.
Inoltre pensiamo la terra come terra emersa, frutto di una lunghissima storia, per secoli negata sulla base di un’incredibile cronologia biblica, che escludeva la possibilità di una vera e propria storia della terra in quanto la creazione, risalente a soli seimila anni prima, negava ogni trasformazione. Per superare questo punto di vista furono decisive le prime ascensioni ed esplorazioni in montagna a partire dal Settecento. Forme di vita non più presenti trovate in alcuni fossili.
Elo studio dei vari tipi di roccia e le loro trasformazioni — studio compiuto dai primi scienziatiesploratori direttamente sul posto, innanzitutto sulle Alpi — consentirono di chiarire che la morfologia terrestre richiedeva un tempo lunghissimo, per noi poco comprensibile perché non a scala umana. Che la terra fosse un pianeta vivo, anche con i suoi terremoti e i suoi vulcani, è acquisizione della modernità. Ciò porta con sé inoltre l’idea della terra come un Tutto, come qualcosa che non si può utilizzare o sfruttare quasi fosse un semplice strumento da maneggiare ad arbitrio, come se le altre sue parti non ne risentissero. L’effetto globale dei cambiamenti che abbiamo introdotto in punti anche specifici (gli argini cementificati dei fiumi che favoriscono le alluvioni) lo vediamo ora con cambiamenti repentini e inquietanti nelle temperature e nelle stagioni. Considerare la terra, come fecero i Romantici, come un organismo vivente le cui parti stanno in relazione reciproca è forse ancora un’immagine vivida e una metafora, che ci aiuta ad averne rispetto come se fosse la nostra madre.
Ed è appunto l’aspetto simbolico che più ci interpella e meglio ci consente di comprendere. La terra come madre è un’idea antichissima, presente in molte religioni antiche preclassiche, che veneravano una grande madre — Gaia nella mitologia greca arcaica — come forza primigenia, genitrice delle messi, fecondatrice e produttrice: come spirito della terra. Era intesa come la sostanza di cui sono fatte tutte le cose, l’origine e la matrice degli esseri, identificabile con il principio femminile, fecondatrice e madre. L’idea che dal suo corpo traiamo ogni nostra risorsa era ben presente in tutti i popoli antichi e ispirava venerazione e rispetto. Plinio, il naturalista romano, era ben consapevole che è nel suo corpo che scaviamo con le miniere, corpo che possiamo sfigurare e inaridire se dimentichiamo la sua sacralità. Al tempo stesso non si obliava l’aspetto anche distruttivo che accompagna qualsiasi fecondazione: la vita e la morte sono strettamente legate e allora figure minacciose come Arpie e Gorgoni, Furie e Erinni sono intese come emanazioni e miasmi della terra. Nel suo trasformarsi incessante la terra passa attraverso putrefazioni e ricomposizioni, in cui forme precedenti si deformano per passare ad altre più nuove e più ricche. La terra come luogo in cui gettare il seme, che muore e produce nuova vita, è comunque anche un elemento oscuro e basso, inferiore e pesante, passivo e torpido: notte, baratro, sangue, miasma. In esso l’elemento maschile si immerge con il timore di esserne diminuito oppure, come ancora speriamo, vivificato.
Non occorre pensare la terra in termini sacri per capire l’amplissima gamma dei valori che essa rappresenta e che non possono più essere sottovalutati, soprattutto in una stagione, come la nostra, in cui vediamo agire con violenza la sua forza minacciosa se non siamo in grado di essere fedeli alle sue leggi cosmiche e alla sua generosa bellezza.