Anna Loro: «L’arpa, passione senza fine»
Ha incantato tutti quando ha suonato l’arpa a Bolzano il 30 marzo, con l’orchestra Haydn diretta da Yves Abel, nel concerto andato in onda su Rai Südtirol. Anna Loro, arpista che insegna al conservatorio di Brescia, è talento riconosciuto a livello internazionale. Tra i tanti concerti in tutto il mondo, ha suonato con direttori come Lorin Maazel, George Petre, Luciano Berio, Salvatore Accardo, Alain Lombard.
Anna Loro, perché ha scelto l’arpa?
«E’ lo strumento più antico del mondo, eppure è ancora poco conosciuto. Chi ne ascolta il suono per la prima volta resta sbalordito: ma come fanno ad uscire timbri così particolari, si chiede. Impossibile non restarne affascinati».
Come si destreggia tra 47 corde e sette pedali?
«Per prima cosa, servono insegnanti bravi. Se pedale e corda non sono in sincronia, altro che suono, si sente un rumoraccio e basta».
Quando è iniziata la sua passione per l’arpa?
«Avevo dieci anni, mi hanno portato di peso in conservatorio per un saggio di mio fratello, flautista. Quella stessa sera si è esibita la classe di arpa. Ho sentito il suono e me ne sono innamorata. Tre anni dopo ho detto a mio padre che avrei fatto l’arpista. E non me ne sono mai pentita».
E negli anni successivi?
«La sensazione è sempre la stessa. Il suono dell’arpa mi richiama, mi coinvolge ogni volta, mi attira di nuovo. Come qualcuno che ti viene a cercare e poi torna ancora, a cercarti».
Lei suona e insegna da molti anni. Porta sempre con sé l’arpa?
«Sì, tutte le volte che posso e almeno in Italia. Carico i quarantacinque 45 chili di arpa sulla mia auto e parto. Ogni volta c’è il rischio che possa graffiarsi, cadere, rompersi. Ma almeno suono sul mio strumento».
E in giro per il mondo?
«In America Latina e in Europa, no, non la porto. Sarebbe troppo complicato. Ma in Italia, l’arpa viaggia sempre con me. Come a Bolzano qualche settimana fa».
La sua arpa quanti anni ha?
«Più di sedici. Ha raggiunto la maturità, soprattutto per la stagionatura del legno. Ed è italiana».
Come vive la chiusura delle sale da concerto?
«Ha messo a dura prova il mio studio. Uno strumento si studia sempre e io continuo a farlo. Ma non è la stessa cosa farlo senza avere in programma un concerto, una data».