Ospedali, rivoluzione post Covid
Sanità territoriale. A Trento le grandi emergenze. Medici corteggiati con skipass, viaggi, auto
Passa la linea di Fugatti che cancella il passato. Il nuovo piano di sviluppo dell’Azienda sanitaria per il 2021-2025 punta sulle valli con centri di specializzazione in periferia. A Trento saranno gestite le grandi emergenze e la facoltà di Medicina avrà un ruolo strategico. Per attirare medici si pensa a skipass e viaggi.
È ambizioso e di realizzazione nel «medio lungo periodo» il programma di sviluppo strategico dell’Azienda sanitaria per il 2021-2025, illustrato ieri dal direttore generale Pier Paolo Benetollo. Il cuore è l’ospedale policentrico che dovrebbe rispondere a due istanze diffuse oggi nella popolazione: «Avere servizi di prossimità e contemporaneamente un elevato livello di specializzazione». Due anelli che Benetollo salda nella realizzazione di «centri di specialità» nei sette ospedali trentini, quindi non solo a Trento. «La pandemia — ha commentato l’assessora alla salute Stefania Segnana — ha insegnato quanto sia importante la sanità territoriale». E il nuovo modello, che «va ad archiviare — ha aggiunto il presidente Maurizio Fugatti — quello per hub and spoke è una rivoluzione che ci vedrà precursori a livello nazionale».
Il progetto
Il programma rappresenta la stella polare di quanto dovrà essere poi deciso nei prossimi anni e sarà implementato dal regolamento di organizzazione e dai vari documenti di programmazione. Il tema portante è quello dell’ospedale policentrico, in cui specialità e prossimità delle cure si saldano. «Un esempio lo abbiamo già — ha spiegato il direttore — ed è il centro per la procreazione medicalmente assistita, che si trova ad Arco». Altrettanto dunque, «a partire da ciò che già esiste» dovrebbe avvenire negli altri ospedali in cui si articola la rete trentina. «Anche per dare respiro all’ospedale Santa Chiara che non ce la fa più. A Borgo abbiamo iniziato a ragionare su questo progetto, lì c’è ad esempio un’odontoiatria che lavora già anche per persone non di zona. A Cles abbiamo collocato la migliore colonna laparoscopica che abbiamo e qui si potranno formare degli specialisti». Lo schema è chiaro: le riacutizzazioni si trattano in tutti gli ospedali, le patologie croniche in uno dei sette «ma non necessariamente Trento» così come ovunque ci saranno le direzioni, le urgenze o i casi gravi che richiedono integrazione tra specialità a Trento e Rovereto e le grandi emergenze a Trento. Eh sì perché il tassello più fragile di questa architettura è proprio la necessità di fronte a problemi complessi di avere maturato esperienza e casistica ed è per questo che le grandi urgenze si dirigono sul nosocomio di Trento: è certo che gli ospedali di valle riescano in questa sfida? L’Azienda sanitaria e la Provincia ci credono, anche perché la pandemia ha insegnato l’importanza del presidio sanitario territoriale
I medici sul territorio
Un altro tassello chiave del progetto è l’individuazione di reti professionali locali, a oggi 13 quelle rintracciate, ossia «l’insieme dei medici convenzionati, infermieri e medici dipendenti che in ciascun territorio presidiano la salute della loro popolazione in integrazione con la rete socio sanitaria. Ove possibile i medici di guardia e Usca verranno organizzati e integrati a livello di rete». In questo quadro si proseguirà poi con la sperimentazione «dell’infermiere di famiglia — ha aggiunto Fugatti — già testato in Pinè e in Tesino per supplire alla carenza di guardie mediche». Le reti saranno poi aggregate in distretti. E ancora in quest’ottica si investirà sempre di più sul «116117», ossia il numero unico voluto a livello europeo per le «non emergenze»: «Partiremo quest’estate — ha spiegato Benetollo — con questo numero come unico riferimento per i medici di guardia e dei turisti ma l’obiettivo è di farlo diventare in 5-10 anni l’unico canale (web e telefonico) per tutto il servizio non ospedaliero». Per realizzare tutto questo sono necessari però i medici, che «scarseggiano — riconosce Fugatti — per i quali ci aiuterà tra 5 anni la nuova facoltà di Medicina». Intanto bisogna però «tenersi stretti quelli bravi e attirare i migliori». L’Azienda si attende molto dal neonato corso e dalla scuola di medicina ed è pronta a darle molto: «Sarà instaurato un rapporto di eccellenza con la Scuola. Prevedremo poi che la frequenza di studenti e specializzandi e lo stesso vale per i professori universitari non sia concentrata solo su Trento».
La filosofia
Se questa è la struttura del piano, che punta anche sul potenziamento dell’informatizzazione e che sarà «adeguato in base alle risorse che la Provincia ci assegnerà» come chiarisce Benetollo, spiccano anche i concetti chiave che lo ispirano: ossia la prevenzione e la centralità del cittadino. «La persona, la famiglia, i membri delle associazioni devono essere al posto di comando, a loro spetta decidere». E il ruolo del medico, la sua competenza? «Nell’era del web e dell’istruzione diffusa obbligare una persona a vaccinarsi o a curarsi in un modo non serve, dobbiamo conquistarne la fiducia e convincerla e poi imparare ad accettare anche i rifiuti».
"Benetollo Il cittadino decide della sua salute: il dottore non deve imporre scelte