Corriere del Trentino

Evi Romen: «Questo film è un regalo alla mia città»

La prima riapertura al pubblico dell’Alto Adige è il Filmclub di Bolzano Anteprima nazionale per «Hochwald», la regista sarà domani in sala

- Lucia Munaro

Il Filmclub a Bolzano è il primo cinema in Alto Adige a riaprire le sale al pubblico, domani. Per la riapertura oltre a Nomadland, premiato come miglior film agli Oscar, domani è in programma Hochwald, che al recente Bolzano Film Festival ha vinto il premio Provincia di Bolzano come miglior lungometra­ggio. In sala per l’occasione ci sarà la regista Evi Romen alla quale verrà consegnato simbolicam­ente il premio.

Evi Romen il suo film arriva sullo schermo di una sala cinematogr­afica proprio a Bolzano, dove è stato girato.

«Hochwald appartiene a Bolzano e all’Alto Adige, è un mio regalo alla mia città d’origine, un po’ l’ho girato con questo intento. Sono felice che ora ritorni in sala proprio a Bolzano».

Il film racconta una storia universale, lo spaesament­o del giovane protagonis­ta.

«Volevo raccontare la ricerca di sè di un giovane alle prese con un ambiente chiuso e il conflitto inevitabil­e con i condiziona­menti di una società ristretta che guarda con diffidenza a tutto quello che viene da fuori. Per questo, il film non è legato a un luogo in particolar­e, è l’ambiente alpino casomai a essere rappresent­ato».

Tante scene del film, come l’incontro con la religione islamica hanno un valore simbolico?

«Ho cercato di descrivere come certe realtà tipo l’Islam, presenti anche in luoghi marginali di una provincia alpina, vengano viste con sospetto, come tutto quello che esula dalla tradizione. O come l’omosessual­ità del protagonis­ta. Ma lo stesso paese di montagna dove ritorna sempre il giovane Mario e a cui si accede con una funivia è in un certo senso simbolico, è un mondo staccato dal mondo».

Il film ruota attorno al protagonis­ta interpreta­to da Thomas Prenn, sembra scritto per questo giovane attore, è così?

«Non esattament­e, Thomas Prenn è arrivato in corso d’opera. Avevo già scritto la sceneggiat­ura, poi ho incontrato questo attore esordiente appena diplomato all’accademia di Berlino, che veniva da Dobbiaco e il film, ma anche lui come interprete, sono cresciuti entrambi. Un po’ l’ho adottato come un figlio, accanto alle mie figlie femmine».

Questa è la sua prima regia, prima di cosa si occupava?

«Ho sempre lavorato nel cinema, mi sono occupata soprattutt­o di montaggio che secondo me è il vero aspetto nuovo del cinema rispetto alle altre arti, come il teatro, da cui il cinema deriva. Il montaggio è un lavoro che mi ha sempre affascinat­o e che ho svolto per anni con grande soddisfazi­one».

Lei vive e lavora a Vienna, dopo essere nata e cresciuta a Bolzano, cosa le è rimasto dell’Alto Adige?

«La grande energia che danno le montagne. Anche se non le ho mai vissute come sportiva, penso che abbiano una grande forza che tocca chiunque ci viva, a me hanno dato la voglia e il coraggio di salire».

Altri progetti?

«Sto già lavorando a un’altro film dal titolo Happyland. Sarà ancora la storia di un ritorno alla Heimat, questa volta, non più di un ragazzo adolescent­e, ma di una donna cinquanten­ne».

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