Bomba incendiaria contro il tribunale Anarchici assolti: non fu terrorismo
Danneggiamento, per il gup non ci sono prove che gli autori dell’incendio siano i tre dissidenti
Non fu un atto di terrorismo e non ci sono prove che dietro alla bomba incendiaria lanciata contro il Tribunale di Rovereto ci fossero i tre anarchici. Il gup Enrico Borrelli ha assolto Andrea Parolari, Marie Antonia Sacha Beranek e Nicola Briganti, accusati dell’incendio del portone del palazzo di giustizia del 5 febbraio 2019. Gli avvocati: «Processo indiziario, nessuna prova».
«Un processo tutto indiziario», riflettono i legali a margine dell’udienza. Quella notte, era il 5 febbraio 2019, le telecamere della «Risto 3» di via Prati avevano ripreso due persone in bicicletta attraversare la via più o meno nell’ora dell’attentato, poi era comparsa la scritta, vergata di rosso, poco distante dal palazzo di giustizia di Rovereto: «Tutti liberi, fuoco ai tribunali». Indizi, elementi, che hanno fatto subito pensare al gruppo anarco insurrezionalista, ma la prova che dietro all’attentato incendiario ci fossero i tre anarchici non c’è. «Gli stessi investigatori del Ros nella relazione — hanno rimarcato gli avvocati della difesa, Giampiero Mattei, Andrea de Bertolini e Bonifacio Giudiceandrea — usano il condizionale».
Insomma le indagini e il pesante impianto accusatorio tracciato dalla Procura non sono bastati e ieri mattina dopo una camera di consiglio durata poco più di mezzora il gup Enrico Borrelli ha assolto in rito abbreviato i tre dissidenti Andrea Parolari, Marie Antonia Sacha Beranek e Nicola Briganti, accusati di essere gli autori della bomba incendiaria lanciata contro il portone del Tribunale. Allora, proprio vicino ai pannelli in legno bruciati, i carabinieri avevano trovato alcuni frammenti di bombolette spray che, secondo la ricostruzione dell’accusa, i tre anarchici avrebbero utilizzato per costruire l’ordigno rudimentale. I pm Davide Ognibene e Pasquale Profiti che ieri hanno chiesto la condanna dei tre dissidenti a 4 anni per Parolari e 3 anni e 2 mesi per gli altri due, avevano ipotizzato tre tipologie di reato contestando anche la finalità di terrorismo ed eversione dell’ordine democratico.
Un’accusa pesantissima che, però, il giudice non ha riconosciuto e ha assolto i tre con formula piena. Secondo la ricostruzione della Procura i dissidenti avevano fabbricato l’ordigno esplosivo incendiario realizzato da quattro bombolette di gas butano avvolte tra loro con un nastro telato e collegato a un innesco composto da un tessuto imbevuto di sostanza infiammabile, probabilmente benzina. Un ordigno rudimentale ma efficace allo scopo. «Un atto terroristico» per la Procura, non ad avviso del giudice che ha condiviso le lunghe e articolate dissertazioni delle difese. È caduta quindi anche l’accusa di «atto di terrorismo con ordigni micidiali ed esplosivi (articolo 280 bis del codice penale). Ma nell’atto stilato dai due pubblici ministeri della Dda era stato contestato anche il reato di danneggiamento, in quanto le fiamme sprigionate dalla bomba rudimentale avevano distrutto i pannelli in legno che sostituivano il portone di accesso al palazzo di giustizia. Un atto pacifico, questo, ma dire che siano stati proprio i tre anarchici a danneggiarli è difficile perché non ci sarebbero prove sufficienti per dimostrarlo. Il giudice per quest’ultimo reato ha infatti assolto i tre con la formula dubitativa. Insomma non ci sarebbero abbastanza prove per arrivare a una condanna e seppure tutti, gli stessi abitanti e il mondo della politica, il giorno dopo l’incendio avevano sospettato del gruppo anarchico, non nuovo ad azioni di protesta contro tribunali e magistrati, nessuno sa con certezza chi c’è dietro a quel rogo.
L’allarme era scattato alle 2 di notte, alcuni abitanti avevamo udito il botto e, spaventati, avevano subito allertato il 112. Pochi minuti dopo davanti al palazzo di giustizia c’erano già le macchine dei carabinieri ma degli attentatori nessuna traccia. Si erano già dileguati nel buio della notte. Ieri un capannello di dissidenti ha atteso la decisione del giudice fuori dal Tribunale di Trento. Si attendono le motivazioni della sentenza per capire il ragionamento seguito dal gup, alla luce di queste la Procura deciderà se impugnare.