Bezzi perde anche il risarcimento da 500.000 uro
Dopo il seggio in consiglio provinciale, Giacomo Bezzi vede sfumato il risarcimento da oltre mezzo milione di euro richiesto alla Provincia. Il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso del candidato Udc.
Gli schiaffi, le botte e gli insulti per lei erano diventate una triste quotidianità. Stringeva i denti, cacciava via le lacrime e nascondeva i lividi dietro a un filo di trucco per proteggere i suoi bambini. Era rimasta per loro, è a loro che pensava ogni volta che lui si presentava a casa completamente ubriaco e in preda ai fumi dell’alcol la picchiava. Ma l’uomo non si limitava a quello, c’erano le umiliazioni, le violenze e poi i tentativi di screditarla anche davanti agli occhi dell’assistente sociale quando la donna, madre di due bambini, disperata, aveva chiesto aiuto e denunciato il convivente.
Le accuse contenute nel capo di imputazione della Procura tracciano i contorni di una dramma immenso, un inferno nascosto dietro a una fragile coltre di apparente normalità, durato ben otto anni. Le prime violenze risalgono infatti al 2010, è allora che dopo un periodo apparentemente tranquillo che l’uomo, aveva mostrato tutto il suo carattere iroso e violento. Lui 31 anni, originario della Tunisina, lei trentina, si erano conosciuti tramite amici e si erano innamorati. Ma dopo un primo periodo di felicità e la nascita di due figli le cose erano cambiate radicalmente e l’uomo era diventato violento. Bastava una piccola incomprensione per scatenare la rabbia come quel freddo novembre del 2010 quando all’esterno di un bar aveva schiaffeggiato la convivente, poi nel maggio del 2011 i due avevano avuto una violenta discussione in Santa Maria. L’uomo l’aveva afferrata per un braccio e l’aveva trascinata Lungo Adige costringendola a subire un rapporto sessuale. Ma era solo l’inizio. Anche quando era in attesa del primo figlio a dicembre del 2011, il trentenne avrebbe picchiato brutalmente la donna sferrandole un calcio al fianco tanto che lei era stata costretta a rivolgersi ai medici del pronto soccorso. E ancora: la donna racconta di schiaffi, sputi, bicchieri e sedie lanciate. Nel 2015 quando il trentenne ha scoperto che la compagna era in attesa del secondo figlio si è infuriato e avrebbe iniziato a colpirla con calci in pancia, tirandole i capelli. Da quel giorno la situazione è precipitata, la decisione della donna di dare il cognome del compagno alla figlia avrebbe scatenato una dura e incomprensibile reazione dell’uomo e due anni dopo le botte erano ormai diventate una compagnia quotidiana per la donna. La paura l’assaliva ogni volta che sentiva aprirsi la porta di casa, in un caso, sempre secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, l’uomo l’avrebbe violentata alla presenza di altre persone nonostante avesse il ciclo.
Uno spaccato agghiacciate. «Quando arrivavano i suoi amici mi segregava in camera», ha raccontato agli investigatori. Solo dopo anni la donna ha trovato la forza di denunciare il compagno e ora si è rivolta all’avvocato Marcello Paiar e chiede 50mila euro di danni. L’uomo, difeso dall’avvocato Zeno Perinelli, è a processo per violenza sessuale, maltrattamenti e stalking. Nell’udienza di ieri i testi hanno confermato il drammatico racconto della donna.