Sanità, si parte con 50 milioni
Segnana: «Ospedali di valle strategici». E sulle risorse: non saranno mai un problema
La riforma della sanità è una necessità da perseguire a ogni costo. Un punto fuori discussione per Stefania Segnana, dopo l’emergenza Covid19. «Quest’esperienza — spiega l’assessora alla salute — insegna che i soldi destinati al sistema sanitario non sono mai una spese ma sempre un investimento». Il piano quinquennale, per il primo anno, dispone di 50 milioni di euro e mette al centro i servizi territoriali, puntando a un modello di rete che valorizzi gli ospedali di valle. «Ciascuno tra questi avrà una peculiare specialità di riferimento». Intanto i primari dicono: «Piano teorico e propagandistico».
La riforma della sanità è una necessità, da perseguire a ogni costo. Un punto fuori discussione per Stefania Segnana, dopo l’emergenza Covid-19. «Quest’esperienza — spiega l’assessora provinciale alla Salute — insegna che i soldi destinati al sistema sanitario non sono mai una spesa e sempre un investimento».
Assessora Segnana, quali sono i punti qualificanti della riforma?
«Il Covid-19 ha dimostrato come non si possa prescindere dai servizi territoriali. A maggior ragione in una provincia di montagna. Gli ospedali di valle vanno rafforzati e messi in rete, non chiusi. Da questa considerazione parte il programma di sviluppo strategico da qui al 2025, affidato all’azienda sanitaria e al suo direttore generale Pier Paolo Benetollo».
Ma ci sono risorse sufficienti per dare gambe al piano?
«Per il primo anno disponiamo di 16,3 milioni per gli interventi del piano ospedaliero e di 33,9 sulla parte corrente. Di questi, 22,3 sono destinati alle assunzioni, 4,2 per il recupero delle liste di attesa, 3,9 milioni per incentivi e straordinari. È un piano quinquennale che potrà contare su risorse provinciali e contributi dello Stato, non ultimi quelli del Piano di rilancio per informatizzare e dotare delle migliori tecnologie gli ospedali. Tutti i soldi necessari, saranno trovati, come è stato per l’emergenza sanitaria ancora».
Questa prospettiva policentrica cambierà il ruolo del Nuovo ospedale di Trento (Not)?
«No. Il Not manterrà un ruolo cruciale. Il capoluogo, sarà riferimento per la formazione della scuola di medicina. Ma gli investimenti non saranno concentrati solo a Trento. Rovereto, per esempio, è in fase di rinnovo per le sale operatorie. E ciascun ospedale territoriale avrà una funzione di riferimento. Ci sono, per esempio, situazioni già consolidate, come l’Odontostomatologia a Borgo Valsugana, ma altre saranno programmate. Le eccellenze potranno attrarre nuovi medici, compensando una carenza oggettiva nei numeri».
La tattica dei benefit non ha convinto tutti. Il timore è che, pur di attrarre medici, si possa prestare meno attenzione ai curricula...
«Non promettiamo solo lo skipass o l’ambulatorio gratuito. Le carte per attrarre le migliori professionalità sono qualità delle strutture e possibilità di essere sostenuti in percorsi formazione continua di alto livello, anche all’estero. E poi c’è la qualità della vita che invoglia a fermarsi in Trentino. Noi non vogliamo trovare figure di passaggio, ma fare in modo che ci siano stabilizzazione e radicamento. Questo è fondamentale soprattutto per i medici di medicina generale, con cui gli utenti vogliono instaurare un rapporto di fiducia durevole».
Medici e sindaci contestano poco coinvolgimento nel percorso.
«L’azienda sanitaria ha promosso fin qui una trentina di incontri nel territorio, raggiungendo 370 medici. Lo stesso si sta cercando di fare con gli enti locali. Siamo aperti ai contributi, a maggior ragione perché questo percorso di riforma parte dalle sollecitazioni emerse dal territorio. Per quanto riguarda gli Ordini professionali di riferimento, contiamo di incontrarli presto. Raccolti tutti i contributi e fatti dovuti passaggi nella commissione consiliare delegata, la giunta provvederà all’adozione definitiva, mettendo in fila tutti gli elementi».
Le forze d’opposizione sostengono gli slogan prevalgano sulla concretezza.
«Critiche legittime, derivanti da una impostazione politica differente, emersa anche nel corso della campagna elettorale. Le precedenti amministrazioni avevano lavorato sul modello hub e spoke, cioè distinguendo tra ospedali di riferimento e ospedali periferici. Noi puntiamo a un modello di rete, che abbia nella capillarità territoriale e nell’integrazione tra i servizi la propria forza. In ogni modo, per fare un esempio, nei giorni scorsi ho avuto un incontro a Trento con le assessore comunali Mariachiara Franzoia e Chiara Maule e devo dire che si è instaurato un ottimo dialogo. Molti medici di medicina generale andranno presto in pensione ed è interesse di tutti cercare le soluzioni per assicurare continuità nei servizi. E su questa partita cerchiamo la collaborazione di tutte le amministrazioni comunali, per valutare le azioni migliori».