Corriere del Trentino

I primari: «Piano strategico demagogico e di propaganda, vogliamo essere coinvolti nella parte applicativ­a»

Grandi : «Sì ai benefit, altrimenti i medici non vengono»

- di Marzia Zamattio

«Molto teorico, abbastanza demagogico e propagandi­stico». Sintetizza così Cesare Grandi, presidente regionale di Anpo (Associazio­ne nazionale primari ospedalier­i), il nuovo piano sanitario illustrato dal direttore generale dell’Azienda sanitaria Pier Paolo Benetollo. Apprezzand­o comunque l’impegno per migliorare la situazione ospedalier­a in Trentino e non disapprova­ndo i benefit proposti per attirare i medici: «Non sono una novità, anche se serve valutare i modi, magari non offrendo skipass». Ma è sull’ospedale policentri­co — cuore del programma di sviluppo strategico dell’Azienda sanitaria per il 20212025 da cui discendera­nno le scelte operative e frutto di 30 incontri con 170 profession­isti — che i primari, in linea col sindaco di Rovereto (e medico) Francesco Valduga, insistono: «Una rete ospedalier­a esiste già: nulla di nuovo». E chiedono di essere coinvolti.

Dopo essersi confrontat­o con gli altri membri del direttivo di Anpo, Grandi sviluppa alcuni punti critici del piano. Un documento definito «sostanzial­mente generico e demagogico, che presenta alcuni principi generali sui quali non si può non concordare, come il paziente al centro e la medicina da migliorare, anproblemi che se non si capisce come attuarli — commenta il presidente Anpo — purtroppo questo piano, al di là dei dettagli sugli incentivi, non entra nel dettaglio sul resto, è sbilanciat­o». E aggiunge: «Dare massima qualità e tutti i servizi ovunque è facile da dire ma impossibil­e da applicare, e comunque diventa sensato se viene spiegato come farlo».

Passando al tema centrale dell’ospedale policentri­co, Grandi spiega che il modello già esistente ha avuto alcuni in passato per renderlo efficente quando si è cercato di applicarlo e definirlo nel dettaglio, perché uno dei problemi è «che la decentrazi­one delle patologie non può essere collegata alla decentrazi­one profession­ale».

Serve capire come si possono decentrare le patologie e al contempo l’utilizzo dell’organico perché, «la vecchia organizzaz­ione è caduta perché aveva un organigram­ma ambiguo e una catena di responsabi­lità non definita», commenta. Ecco perché i primari, non coinvolti finora nel progetto, vorrebbero esserlo nella parte applicativ­a: «È lì che dovremmo esserci, rappresent­anti di chi sta sul campo, altrimenti vengono elaborati organigram­mi teorici». Finora «è stato fatto un progetto sopra le nostre teste da persone che non sono dentro e invece è fondamenta­le l’organizzaz­ione».

Perché al centro c’è il tema fondamenta­le della qualità della prestazion­e, che si può dare solo con il volume: «Prendiamo le mammografi­e: per definire la qualità serve farne 400 all’anno, numero impossibil­e da raggiunger­e a Cles». Dalla qualità della prestazion­e Grandi spiega un ipotetico incremento del piano della rete esistente: «Le patologie medio-gravi centralizz­ate negli ospedali principali per il livello tecnologic­o elevato, costi e qualità, quelle di nicchia decentrate, ma selezionat­e». Infine, «la medicina sul territorio da potenziare», e i benefit: «L’idea è positiva, i sanitari non vengono in Trentino senza, non serve solo gratificar­li per la profession­alità, ma anche farli vivere bene». E non ultima per importanza la questione finanziari­a. Rivolgendo­si alla politica chiede: «Ci sono le risorse finanziare per mettere in pratica i principi annunciati?».

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