«Ignorare il passato è ingiusto»
Per comprendere la figura di Margherita «Mara» Cagol serve una maggiore consapevolezza storica.
Ne è convinto Vincenzo Calì, già docente di storia contemporanea all’Università degli Studi di Trento e direttore per due decenni del Museo storico in Trento, chiamato a esprimere una valutazione sulla pubblicazione «33 trentine» che include anche la brigatista tra le donne trentine meritevoli di essere ricordate.
«È del tutto naturale che Margherita Cagol sia stata inserita nel volume — commenta fermamente — visto il suo ruolo nella drammatica vicenda degli anni ’60 e ’70. Mi meraviglio che questa iniziativa sorprenda ancora qualcuno, o che possa far polemizzare».
La distanza temporale che separa la vicenda di Cagol dalla pubblicazione di «33 trentine» sarebbe dunque sufficiente a permettere una corretta storicizzazione del periodo, un tentativo intrapreso da Piego Agostini che diede alle stampe una biografia di Cagol già nel 1980, libro che Calì spera possa essere nuovamente pubblicato in una edizione aggiornata. «A quasi mezzo secolo di distanza, gli anni delle contestazioni vivono ancora delle difficoltà di inquadramento storico e ci sono ancora molti aspetti ed episodi che attendono di essere chiariti — è il parere dello storico —. Ci sono ancora stragi impunite e serve che la ricerca prosegua». Quello che è certo è che Margherita «Mara» Cagol ha rappresentato per il Trentino una frattura indelebile. «Il giorno dopo la sua morte sulla facciata del palazzo di Sociologia in via Verdi comparve una fotografia della donna, accompagnata dalla scritta “Libera Università degli studi Margherita Cagol”, immediatamente cancellata — ricorda Calì —. Gli anni Sessanta sono stati un momento di discontinuità rispetto al normale procedere della storia trentina, ma fanno parte a pieno titolo della storia della comunità. Cercare di ignorarli non è il modo giusto di affrontare il passato del territorio».