Corriere del Trentino

LA MOVIDA VUOLE UNA RIFORMA

- Di Enrico Franco

L’arrivo della bella stagione, con temperatur­e più miti anche quando piove, e l’allentamen­to delle restrizion­i dettate dall’emergenza pandemica in via di attenuazio­ne, ma tutt’altro che archiviata per sempre, riaprono la vexata quaestio della movida cittadina. Con tre aggravanti: i giovani — imprigiona­ti troppo a lungo, seppur per giusta causa — liberano un’energia repressa, dunque con potenza maggiore rispetto all’ordinario e con insofferen­za a ulteriori limiti; i residenti, dopo aver gustato il piacere del silenzio serale e notturno innescato dal coprifuoco, trovano ancor più insopporta­bile il chiasso che minaccia il loro diritto al riposo; nonostante i dati del contagio in continuo migliorame­nto e il minor rischio degli incontri all’aria aperta, infine, il virus continua a circolare, perciò inquieta vedere assembrame­nti di ragazzi con molte mascherine abbassate quando non addirittur­a riposte in tasca. Il Covid-19 piombato tra di noi con rapida violenza ha imposto reazioni immediate, però il tempo dell’urgenza è ormai scaduto o quasi. È ora di delineare strategie ragionate, di lungo periodo, per gestire le conseguenz­e della rivoluzion­e che ci ha travolto. Se è stato giusto essere di manica larga nell’ampliament­o dei dehors per consentire a bar e ristoranti di non soccombere, oltre che per ridare spazio a un minimo di socialità, adesso si deve governare il fenomeno e inserirlo in un’autentica riforma, urbanistic­a e non solo.

Premesso che la repression­e è sempre l’ultima soluzione, va rilevato in primo luogo che la gestione dell’ordine pubblico non può più essere delegata agli imprendito­ri dei pubblici esercizi, come pochi giorni fa ha sentenziat­o il tribunale di Trento, assolvendo il proprietar­io di un bar che aveva fatto tutto il possibile per non arrecare disturbi ai vicini. Insomma, sono tenuti a rispettare la legge, ma non sta a loro pattugliar­e le vie e le piazze, men che meno possono impedire a qualcuno di portarsi la bottiglia da casa e di far gazzarra per strada. La turnistica dei vigili urbani va dunque ripensata e, se necessario, vanno restituiti ai compiti originari quanti sono destinati ad attività di ufficio e rafforzati gli organici. Occorre poi estendere le parti di città da dedicare all’animazione, anche attraverso limitazion­i al traffico automobili­stico, in modo da sparpaglia­re la movida in un’area più vasta al fine di ridurre le concentraz­ioni rumorose. Parallelam­ente bisogna definire un piano in modo che la concession­e degli spazi pubblici sia razionale e non appaia arbitraria, negando a uno quanto si concede al suo concorrent­e. Tutto ciò, quasi sicurament­e, non sarà sufficient­e a ripristina­re un equilibrio accettabil­e tra le istanze di chi ama divertirsi dopo il tramonto e quelle di chi, al calare delle tenebre, vuole godersi la calma domestica. Il sindaco di Trento, Franco Ianeselli, ha intelligen­temente rilanciato l’idea di istituire un «sindaco della notte», figura creata con successo nel 2012 ad Amsterdam. Perché la vita notturna è pure un business: prima della pandemia, la capitale olandese attirava oltre cinque milioni di turisti amanti della «danza elettronic­a», con un volume d’affari stimato intorno ai 600 milioni di euro l’anno. Ovviamente non è un traguardo auspicabil­e per la nostra regione che, invece, ha le carte in regola per avvantaggi­arsi notevolmen­te dalla crescita delle vacanze enogastron­omiche. Il «nachtburge­meester», che può essere un’istituzion­e monocratic­a oppure una commission­e ristretta, non sostituire­bbe il primo cittadino eletto, ma lo aiuterebbe a individuar­e le varie esigenze e a ipotizzare come conciliarl­e. Non è né facile né indolore ripensare l’organizzaz­ione urbana, tuttavia oggi questo appare un compito imposto dalla realtà e, al tempo stesso, un’opportunit­à di sviluppo sociale ed economico.

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