Quelle (poche) giovani operaie attratte dalla fabbrica
Sindacati e imprese auspicano un incremento ma pesano ancora i problemi strutturali e la diffidenza nei confronti delle scuole tecniche
Nel 2020 il numero delle donne under 35 impiegato nel settore manufatturiero è aumentato nel 2020, ma rappresenta solo il 6% del totale dei lavoratori. A Bolzano la situazione non è differente con 7.700 donne impiegate nel settore. Sindacati e imprese auspicano un incremento, ma pesano ancora i problemi strutturali e la diffidenza nei confronti delle scuole tecniche. La testimonianza di due operaie racconta il lavoro in fabbrica. Marika Valdan: «C’è attenzione, riesco a conciliare bambini e lavoro».
La notizia della tragica morte della 22enne Luana D’Orazio in un’industria tessile di Prato ha acceso in tutta Italia i riflettori sul lavoro femminile nelle fabbriche, soprattutto delle più giovani. In Trentino il numero di donne con meno di 35 anni impiegate nel settore manifatturiero è aumentato nel 2020: da oltre 2.500 unità nel 2019 a circa 2.800, con un incremento del 9,8%. In un anno in cui, complice la pandemia, le donne impiegate nel settore sono passate da 8.400 a 7.700 unità, le under 35 rappresentano solo il 6% del totale dei lavoratori del settore. Difficile quantificare quante lavorino in fabbrica e quante in ufficio.
«La maggior parte non è operaia: per una giovane è ancora molto più facile ottenere un posto come impiegata che all’interno di una catena di montaggio — commenta Andrea Grosselli, segretario della Cgil del Trentino — Sarebbe auspicabile un incremento della componente femminile anche nelle fabbriche come in altre parti del mondo». I problemi non si limitano alla quantità di giovani donne impiegate. «Le deficienze sono strutturali: molte mansioni sono pesanti e il lavoro su turni rende difficile la conciliazione tra famiglia e lavoro — spiega Paolo Cagol della Fim Cisl — e l’istruzione tecnica è ancora considerata di serie B. Investimenti su queste scuole, abbinati a una narrazione migliore, posso aiutare ad avvicinare le ragazze a questo mondo». La volontà di incentivare il lavoro femminile, anche in fabbrica è condivisa da Confindustria Trento. «In alcuni campi, come nel tessile — osserva il direttore Roberto
Busato — le donne sono già considerate fondamentali per la loro precisione. Ora dobbiamo e vogliamo investire per creare altre opportunità: le aziende devono aiutare a mettere insieme lavoro e famiglia con part time o orari flessibili e servizi di welfare».
A Bolzano la situazione non è differente, con le 7.700 donne impiegate nel settore del manifatturiero che rappresentano meno del 20% dei lavoratori totali. «Paghiamo ancora retaggi del passato — spiega Federico Giudiceandrea, presidente di Assoimprenditori Alto Adige — ci vuole del tempo per ridurre questa disuguaglianza. Qualche passo in avanti è stato fatto, ma bisogna continuare». Aumentare la percentuale di donne nelle fabbriche, per Christian Maurlechner della Cgil-Agb, significherebbe «aumentare la ricchezza e l’attrattività del posto di lavoro per tutti». Per attirare le ragazze, però, è necessario anche aumentare le possibilità di conciliazione tra lavoro e famiglia: «Concedere part time o avere un turno fisso aiuterebbe a mettere insieme le due cose, anche per gli uomini», spiega Maurlechner. Per continuare a introdurre giovani lavoratrici in questo settore, però, serve anche incrementare l’attenzione della popolazione scolastica verso questa tipologia di lavori. «In ogni iniziativa che ci coinvolge negli istituti — racconta Giudiceandrea — il nostro appello è di considerare percorsi di studi tecnico-scientifici, da cui spesso rimangono lontane, perché abbiamo bisogno di personale tecnico qualificato».
Busato Le donne sono essenziali, le aziende devono creare più opportunità per loro
Maurlechner Concedere part time o turni fissi aiuterebbe sia le donne sia gli uomini