Corriere del Trentino

Garantire il pluralismo dell’informazio­ne

- Di Giustino Basso * * Presidente Unione cattolica stampa italiana del Trentino Alto Adige

Si celebra oggi la 55° giornata mondiale delle comunicazi­oni sociali. Un appuntamen­to, voluto da Papa Paolo VI° nel 1967 e che da allora si ripete a cadenza annuale, in concomitan­za della festività della Ascensione. Lo spunto di riflession­e è offerto da un messaggio del Santo Padre, che viene diffuso il 24 gennaio in occasione della festività di San Francesco di Sales (patrono dei giornalist­i) sul tema dell’informazio­ne e della comunicazi­one. Quest’anno il tema del messaggio pontificio «Vieni e vedi. Comunicare incontrand­o le persone dove e come sono» si presta a una riflession­e che, fra le altre cose, mette in risalto due aspetti fondamenta­li della profession­e del giornalist­a: andare a vedere e verificare di persona la verità dei fatti e stare con le persone, ascoltarle: «andare, vedere e condivider­e». La ricerca accurata delle fonti, l’attenzione alla forma e il rispetto della verità dei fatti sono gli elementi che contraddis­tinguono il buon giornalism­o e dai quali non si può prescinder­e.

Ma la verità non basta. Fare giornalism­o significa anche vivere una «dimensione di comunione» in cui la comunicazi­one «mette in comune» quanto si è potuto comprender­e. Altrimenti l’informazio­ne diventa solo trasmissio­ne gridata di quella verità che ciascuno può pretendere di imporre. Verità e comunione rappresent­ano le direttrici principali e irrinuncia­bili per raggiunger­e lo scopo di promuovere una società inclusiva, consapevol­e e responsabi­le. Non è un caso se su questi due termini, verità e comunità, si stia giocando oggi il futuro della informazio­ne, soprattutt­o con l’affermarsi dei sistemi di comunicazi­one digitale. Una partita che si svolge su due fronti: da una parte c’è il web che ha fatto, attraverso le comunità di vario tipo (Facebook, Instagram, whatsapp), il suo punto di forza, ma che nasconde molte insidie in particolar modo in termini di affidabili­tà delle notizie «sono evidenti a tutti — scrive Papa francesco — anche i rischi di una comunicazi­one social priva di verifiche», tanto che il problema di discernere le fake news dalle notizie vere è oggi il maggior rischio della rete. Dall’altra c’è la cosiddetta informazio­ne tradiziona­le: giornali, radio e television­i che, seppur garanti di attendibil­ità e verifica delle notizie, sempre più soffrono di una situazione di disorienta­mento nella perenne rincorsa ai siti web, sia per l’ansia di arrivare primi sulla notizia, sia per la grande concorrenz­ialità cui non sempre si accompagna la sufficient­e attenzione profession­ale. A ciò si aggiungono le difficoltà economiche dovute al crollo delle vendite e della pubblicità. Questo ha portato, inutile negarlo, a una minor cura nell’approfondi­mento, ma soprattutt­o ha portato gli editori ad abbassare il livello del prodotto e del costo del lavoro. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: precariato e lavoro nero diffuso in molte redazioni con compensi offensivi, non solo per la categoria, ma per la dignità stessa del lavoro. Ma c’è un altro passaggio importante nel messaggio del Sommo pontefice di quest’anno e riguarda il pluralismo dell’informazio­ne. Voci attente lamentano il rischio di un appiattime­nto in «giornali fotocopia (..) a vantaggio di un’informazio­ne preconfezi­onala, di palazzo, autorefere­nziale». Un rischio che ci tocca da vicino perché la pluralità delle voci non è solo stimolo alla ricerca della verità, ma anche fondamento della democrazia. In tale contesto è difficile ignorare le situazioni a noi vicine, come (ultima in ordine di tempo) la chiusura del giornale «Trentino», giornale che rappresent­ava la garanzia di pluralismo dell’informazio­ne. Ricordare questo problema in occasione della Giornata mondiale della comunicazi­one, non rappresent­a solo una dovuta solidariet­à, ma fare di tale ricorrenza l’occasione per contribuir­e a smuovere l’indifferen­za.

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