RUOLO DEI MEDICI E UNA POLITICA PRO-INFERMIERI
Con ricorrenze obbligate si consuma il rituale della strategia sanitaria provinciale. C’è sempre la ricorrente enfatizzata riorganizzazione degli ospedali: si passa dal modello «hub and spoke» all’ «ospedale policentrico».
Con ricorrenze obbligate si consuma il rituale della strategia sanitaria provinciale. Positivo che il documento di sviluppo strategico 2021-2025 sia costituito da poco più di una decina di pagine, pagando inevitabilmente il fio di una notevole genericità. Si tratta in buona sostanza di un rimodellamento dell’assetto organizzativo aziendale, il ritorno al modello precedente la riforma Zeni. La sostanza, se non la forma, dei vari documenti programmatori provinciali tende a sovrapporsi, come emerge dal confronto tra le varie proposte. C’è sempre la ricorrente enfatizzata riorganizzazione degli ospedali: si passa, almeno sulla carta, dal modello «hub and spoke» all’ «ospedale policentrico» (che sembra la dizione utilizzata per spiegare l’«ospedale diffuso» di cui si è scritto con dovizia all’inizio dell’anno). Ribadisco quanto già puntualizzato in altre occasioni. La cura dei pazienti in ospedale si è sempre realizzata secondo un’inevitabile gerarchia delle cure in base alla complessità della casistica: alcuni ospedali hanno competenze specialistiche, altri compiti di base (non per questo meno nobili). Si tratta del principio di realtà, nell’interesse stesso dei pazienti. La dotazione di reparti di terapia intensiva/rianimazione, la tecnologia e l’expertise dei medici sono le discriminanti ineludibili che differenziano le capacità curative dei nosocomi. Nell’ ottica del potenziamento delle valli viene posto l’accento su una maggiore utilizzazione dei loro ospedali: in che modo non è chiaro, in quanto la casistica è quella conosciuta. Viene ribadito il programma che vede presenze specialistiche di nicchia in alcuni ospedali di valle, presenze che originano da situazioni storiche (come pneumologia ad Arco, erede degli storici sanatori; odontoiatria per disabili nel reparto di Borgo, istituita dall’assessore Lorenzini alla fine degli anni Ottanta). Più recente e con buoni risultati è il potenziamento delle Ortopedie (auspice il dg Flor ) e positivo sarebbe il rilancio della riabilitazione a Villa Rosa. Mi chiedo comunque perché ogni documento programmatorio, soprattutto nel campo ospedaliero, debba essere sempre una rivoluzione copernicana: non c’è nulla di più definito del sistema delle cure ospedaliere e i cambiamenti, anche rilevanti, hanno proceduto con lentezza prudente e resistenza alla innovazione. Positivo garantire un sistema di governo degli ospedali che consenta a ognuno di essi autonomia di gestione all’interno della programmazione provinciale affidata al Servizio Ospedaliero Provinciale. In termini di coordinamento è doverosa una constatazione: mentre più sperimentato e semplice è il coordinamento della rete ospedaliera, molto più difficile è operare nell’integrazione tra assistenza ospedaliera e assistenza territoriale, anzi è proprio questo il nodo da affrontare. L’obiettivo è di dare risposte immediate alle esigenze inevase del territorio: dare un punto di sutura oggi comporta recarsi in ospedale, è inaccettabile. L’intervento sul modello della medicina territoriale tende a strutturarne e potenziarne l’organizzazione: l’intento è quello di organizzare i medici del territorio e dotarli di supporto amministrativo (anche da lontano) e infermieristico adeguati (vi rientra l’ipotizzato infermiere di famiglia). Resta aperto il concreto nodo delle risorse umane. Senza un adeguato ricambio dei pensionamenti dei medici, ospedalieri e di famiglia, il castello cadrà rovinosamente. Nodo infermieri: in Italia abbiamo 5,8 infermieri per mille abitanti, un numero basso rispetto a realtà simili alla nostra (media OCSE 8,2): si deve intervenire creando adeguati posti nei corsi di tali professionisti. Oggi la situazione, come sanno bene coloro che operano sul campo, vede ovunque situazioni di carenza e difficoltà di arruolamento, con realtà che vivono con forte disagio tale situazione (mi riferisco anche alle RSA, uno snodo fondamentale del nostro welfare). Una politica pro infermieri è fondamentale. Concludendo, senza il mantenimento delle risorse umane non vi sono margini per la sanità nazionale e trentina.