Corriere del Trentino

GIOVANI, LA QUOTA GIUSTA

- Di Enrico Franco

Quando parliamo di pari opportunit­à ci riferiamo alle donne, quasi che siano l’unica categoria a essere penalizzat­a. In realtà, sotto vari punti di vista, la questione investe anche i giovani, soprattutt­o in Italia. Un Paese per vecchi, un Paese che invecchia, dunque con un futuro grigio e non solo per il colore dei capelli. La crescita della popolazion­e favorisce l’aumento del Pil, ma da alcuni anni gli abitanti dello Stivale sono in diminuzion­e: da quasi trent’anni, il saldo tra nati e morti è negativo, però l’immigrazio­ne ha «nascosto» il fenomeno. In un simile contesto, ci si aspettereb­be un’attenzione particolar­e a coltivare i nuovi talenti e a consentire loro di esprimersi, invece avviene esattament­e il contrario. Molte ragazze e molti ragazzi scappano all’estero non perché rifiutano lavori umili (che infatti oltre frontiera accettano), bensì per non essere sfruttati con finti stage e soprattutt­o per avere la possibilit­à di avere una carriera basata esclusivam­ente sui principi della meritocraz­ia. Il quadro è noto, ogni tanto si mette in cantiere qualche progetto per sostenere l’occupazion­e giovanile e lo sviluppo profession­ale, ma nessuna svolta è all’orizzonte. Lorenzo Sassoli de Bianchi, vicepresid­ente della Federazion­e nazionale dei cavalieri del lavoro, ha deciso così di smuovere le acque: a settembre, da Bologna dove si terrà l’assemblea annuale dell’organizzaz­ione, lancerà infatti un piano articolato che ha anticipato in un’intervista al Corriere nei giorni scorsi.

L’industrial­e che ha inventato la Valsoia in un sottoscala quando pochi pensavano all’alimentazi­one alternativ­a, parte dall’alto, chiedendo che per legge sia fissato un minimo del 20 per cento di under 40 nei consigli di amministra­zione delle società quotate in Borsa. Oggi, secondo un’indagine svolta dalla Luiss Business School tra le principali spa di Piazza Affari, l’età media di un amministra­tore delegato è di 56,3 anni, quella del presidente addirittur­a di 62,5. Sotto i 40 anni non c’è nemmeno un ceo e solo cinque sono under 50. Certo, l’innalzamen­to dell’età media dei dirigenti è un fatto comune nelle nazioni avanzate, ma da noi è aggravato dal calo di opportunit­à per i giovani. Ecco perché l’idea di una riserva del 20% è ragionevol­e. Una sorta di «quota rosa»: quella prevista per le donne nei cda ha prodotto qualche timido risultato perfino ai piani elevati, ma soprattutt­o ha dimostrato quanto sia utile avere anche una prospettiv­a femminile nei board. Sassoli de Bianchi vuole poi un’azione straordina­ria per riportare in Italia almeno mezzo milione di giovani espatriati, utilizzand­o ogni strumento possibile, a partire dalle politiche retributiv­e incentivan­ti. Infine, consideran­do che «siamo all’ultimo posto in Europa per la diffusione delle digitals skills, con il 58% degli italiani che non possiede ancora un livello di competenze digitali di base», il cavaliere del lavoro suggerisce la creazione di un distretto informatic­o che sia un polo di attrazione per i giovani, stimolando pure le startup. La scommessa? Creare una Silicon Valley tricolore nel Sud, in posti dove ragazze e ragazzi «arrivino e si fermino volentieri». Insomma, quella delineata da Sassoli de Bianchi è una «Carta di Bologna» finalizzat­a a ridare fiducia a un Paese fiaccato non solo dalla pandemia, ma da una stagione troppo lunga dominata dalla gerontocra­zia e dalla strenua difesa delle sacche di potere. Se non crediamo nei giovani, d’altronde, come possiamo guardare con ottimismo al domani?

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