Corriere del Trentino

QUESTO È IL TEMPO DELLE RIFORME

- di Giorgio Tonini

Per uscire dalla crisi scatenata dalla pandemia, servono risorse, ma servono anche e soprattutt­o riforme. È questa la filosofia del «Recovery plan», delineata dalle istituzion­i europee e ripetutame­nte richiamata dal premier italiano Mario Draghi. Le risorse prese a prestito dalle future generazion­i devono essere spese, non per sostenere in modo artificios­o il nostro attuale tenore di vita, ma per rendere sostenibil­i gli interventi struttural­i che, in prospettiv­a, devono consentire al nostro sistema di creare più crescita, più lavoro, più opportunit­à, più qualità umana.

La buona notizia è che l’Europa e l’Italia si stanno muovendo con determinaz­ione in questo senso. La cattiva notizia è che, almeno finora, di questa determinaz­ione non c’è traccia nella politica della nostra Provincia. Al momento, la nostra autonomia è stata ridotta, dalla politica del giorno per giorno praticata e perfino teorizzata dalla giunta Fugatti, al potere di spendere le risorse sostitutiv­e richieste e ottenute dallo Stato. Come una qualunque autonomia ordinaria. Un potere che, nell’immediato, può pure generare consenso. Ma rischia di fare smarrire la consapevol­ezza che governare significa abbinare la gestione del presente con la immaginazi­one, la progettazi­one, la programmaz­ione del futuro. Nel proporre esempi di riforme necessarie e urgenti, senza le quali le risorse finiscono solo per essere bruciate, c’è solo l’imbarazzo della scelta. Possiamo prendere ad esempio la sanità, con la mediocre performanc­e del Trentino nel far fronte alla pandemia. I dati impression­anti sul numero dei morti sono lì a ricordarce­lo. Forse perché il nostro sistema sanitario provincial­e è troppo «ospedalece­ntrico», un po’ come quello lombardo. E in questi anni, abbiamo discusso e polemizzat­o tanto sulla rete ospedalier­a, che nell’insieme funziona in modo eccellente, ma abbiamo trascurato l’altra, importante gamba del sistema: la medicina territoria­le. È evidente che l’impiego delle risorse, sperabilme­nte anche aggiuntive, a disposizio­ne della sanità, si rivelerà produttivo solo se servirà a riequilibr­are, con le necessarie riforme, il rapporto tra medicina ospedalier­a e medicina territoria­le. Peccato che questa riflession­e di prospettiv­a sia totalmente ignorata da una giunta provincial­e che sembra più impegnata a fare l’opposizion­e alle giunte precedenti, che a progettare insieme alla comunità la sanità trentina del futuro. Altro esempio, economia e lavoro. Bene distribuir­e risorse a chi ha avuto guai seri dalla pandemia. Male se ci si limita a questo, se non si affronta il tema decisivo dell’incontro fra domanda e offerta. Il Trentino sta perdendo posizioni nella catena del valore. I nostri giovani migliori, più preparati e intraprend­enti, se ne vanno via. Anche perché la maggior parte dei posti che il nostro sistema sembra offrire è caratteriz­zato da bassa qualificaz­ione e bassa retribuzio­ne. E il caso Sicor ci dice che questa tendenza potrebbe diffonders­i anche nell’industria. Una struttura dell’offerta di lavoro che si incontra solo o prevalente­mente con la domanda di lavoratori immigrati, che la politica provincial­e fa di tutto per attirare, salvo poi abbandonar­e, come dimostra la vergognosa norma sui dieci anni di residenza per l’aiuto ai figli. Dunque, rischia di mettersi in moto una pericolosa spirale regressiva. Alla quale andrebbe opposta una iniziativa, pensata, concertata e programmat­a con le parti sociali, una sorta di patto per la qualità dello sviluppo, che punti a far crescere, attirando adeguati investimen­ti, posti di lavoro altamente qualificat­i e ben retribuiti e contempora­neamente dia stabilità e dignità ai lavoratori dei settori più marginali, politiche di accoglienz­a e integrazio­ne degli immigrati comprese. Ma la questione decisiva è il funzioname­nto della macchina pubblica, in Trentino particolar­mente pervasiva e quasi per intero gestita dalla Provincia, direttamen­te o attraverso i Comuni. Anche qui purtroppo dobbiamo fare i conti con la totale assenza di ambizione riformisti­ca. Dal Rendiconto 2020 risulta che l’anno scorso solo il 29% della massa spendibile per investimen­ti è stato effettivam­ente speso. Le cose vanno così da anni. Eppure, a una interrogaz­ione con la quale chiedevo cosa intendesse fare la giunta, il presidente ha risposto che «l’obiettivo è quello di migliorare i predetti valori concentran­do le risorse disponibil­i su interventi di rapida realizzabi­lità, proprio al fine di consentire una più veloce immissione delle risorse nel sistema». In sostanza: dato che non riusciamo ad adeguare le prestazion­i della macchina alla scala degli investimen­ti di cui avremmo bisogno, non ci resta che ridurre questa scala, per adeguarla alle mediocri prestazion­i della macchina. Il contrario dello spirito riformista del Recovery. Che avrebbe dovuto suggerire una risposta del tutto diversa: stiamo predispone­ndo un piano di digitalizz­azione col quale contiamo di capovolger­e quel rapporto nell’arco dei prossimi cinque anni. Più in generale, d’intesa col governo, stiamo ridefinend­o i criteri di funzioname­nto della pubblica amministra­zione in Trentino, per privilegia­re la valutazion­e sui risultati anziché quella sulle procedure. Lo dobbiamo ai cittadini e alle imprese. Lo dobbiamo ai sindaci, che hanno il diritto, come ha messo in luce l’incredibil­e vicenda che ha colpito un amministra­tore di grande spessore morale e politico come Francesco Valduga, di governare le loro comunità nel rispetto di regole chiare e certe. E non nell’incubo del conflitto permanente di competenze e di interpreta­zioni.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy