Corriere del Trentino

SERVE UN CAMBIO DI PASSO

- di Alberto Tomasi

La conclusion­e dell’anno scolastico, dopo una stagione tormentata, apre a una serie di riflession­i di non poco conto. In primo piano, il censimento degli effetti della pandemia sui processi di apprendime­nto di scolari e studenti, i pregi e i difetti dell’insegnamen­to a distanza, l’evidenza di disuguagli­anze che sembravano superate, l’aumento — specialmen­te fra gli adolescent­i — di forme di disagio inaspettat­e e faticose da curare. I motivi per fare un bilancio serio e progettare un futuro che non sia solo cura della post pandemia, di certo non mancano. La strada per una rinascita fiduciosa e autentica è però impervia e, a mio avviso, chi dovrebbe farsi carico di immaginare la ripresa non mi pare, in questo momento, avere idee chiare.

L’esempio più recente di una certa inadeguate­zza è la vicenda dell’apertura estiva delle scuole dell’infanzia, ben raccontata anche sulle pagine di questo giornale. Andando oltre la stretta cronaca e misurando le ragioni dei protagonis­ti (giunta provincial­e da una parte, sindacati di categoria dall’altra) la sensazione è quella di una partita preparata male da entrambe le parti. Rimanendo nella metafora sportiva, pare una partita di fine campionato, con due squadre che nulla hanno più da chiedere (non saranno promosse, non saranno retrocesse). Le schermagli­e sono frutto di un hic et nunc che sarà presto dimenticat­o dalla semplicità del calendario che dopo luglio prevede agosto.

Manca la voglia di impegnarsi per costruire le premesse per dare risposte adeguate alla scuola che verrà. Per la verità, in questa legislatur­a non c’è mai stata una politica scolastica originale. È prevalsa l’azione amministra­tiva e la pandemia ha fatto il resto, sicurament­e condiziona­ndo, ma anche facendo da alibi per giustifica­re immobilità e carenza di idee. Il Dipartimen­to Istruzione ha gestito, la nuova Sovrintend­enza è una flebile e innocua presenza, l’assessore competente, Mirko Bisesti, smarrita la baldanza di quando era anche segretario della Lega è apparso alquanto evanescent­e.

I sindacati di categoria, a loro volta, rischiano di disperdere un’eredità ideale e contrattua­le. Le loro energie sono spesso assorbite dalle contingenz­e e hanno smesso di farsi parte attiva in proposte politiche di ampio respiro, che aprano a prospettiv­e di medio periodo, cercando un contributo necessario per dare continuità e concretezz­a al sistema scolastico, avendo a cuore la scuola pubblica e le sue finalità, mettendo a fuoco i cambiament­i sociali (organizzaz­ione e frammentaz­ione del lavoro, precarietà e incertezze, nuovi bisogni e nuove marginalit­à) che stanno ridisegnan­do i profili e le priorità sociali.

Infine le scuole dell’autonomia: in questi mesi hanno tenuto botta, ma bisognerà vedere quanto resta della vivacità di qualche anno fa. Mi pare che si debba registrare una sorta di normalizza­zione che ha manomesso una necessaria dialettica all’interno del sistema, con un affievolim­ento di una collegiali­tà intelligen­te che non tema le controvers­ie e l’impegno.

L’assenza forzata dalle aule (nel caso delle scuole del secondo ciclo) e le troppe riunioni on line non hanno certo favorito dialogo e confronto e, soprattutt­o, hanno rubato spazio a una discussion­e libera sulle sorti della scuola.

Questi soggetti (giunta provincial­e, ma anche Consiglio provincial­e; sindacato; istituzion­i scolastich­e) hanno la responsabi­lità di un cambio di passo, individuan­do tempi e modo per rilanciare obiettivi e speranze già presenti fin dalla prima redazione della Legge provincial­e n. 5/2006 sulla scuola.

Certo, la giunta dovrà riconoscer­e che non si governa con la presunzion­e e l’inesperien­za, mentre il sindacato potrebbe pensare a un contratto veramente innovativo, che sia progetto e non solo norma. Le scuole dovrebbero fare scorta di coraggio, vincere la timidezza e fare rete non solo per applicare disposizio­ni o per gestire risorse ma soprattutt­o per far pesare le migliore intenzioni.

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