«Riflessioni» senza veli Danza, nudo, provocazioni
A Pergine festival questa sera lo spettacolo di Claudia Caldarano
Due danzatori in scena, un set di specchi deformanti, il corpo che muta in visioni altre, diventando macchia, forma geometrica, ritmo ipnotico, fino a scomparire. E due nudi integrali in scena. È Riflessioni, il nuovo lavoro della performer e regista Claudia Caldarano che a Pergine Festival questa sera lo presenta in prima regionale. Lo spettatore è invitato a entrare nella performance come osservatore e chiamato a scegliere un punto di vista. Riflessioni invita a lavorare sullo sguardo. Il corpo è la materia prima, oggetto e soggetto artistico.
Dove nasce il nucleo originario di Riflessioni?
«Si tratta di un lavoro di ricerca che sto conducendo dal 2018 sulla formazione dell’immagine in relazione alla performance e alla scena - spiega Claudia Caldarano - , negli anni ho realizzato opere-installazioni che modificano il senso in base al movimento di chi agisce e di chi sta osservando, a seconda del punto di vista».
L’ispirazione per questo lavoro è legata a un ricordo molto personale.
«Sì, ma forse ancora di più a un ricordo indotto, una fotografia di me bambina nella stanza dei giochi. Sono colta nell’atto di giocare tra due specchi: uno di grandi dimensioni, dalla superficie deformante, e uno più piccolo, con una normale superficie riflettente. Da quell’immagine nasce la suggestione di riflettere sul rapporto tra corpo, rappresentazione e verosimiglianza».
Performer e coreografa, ma il suo percorso intercetta anche la grafica. Come dialogano queste diverse sensibilità?
«Sono sempre stata molto attratta dal mondo della grafica e dell’arte figurativa, in particolare la scultura. Dopo gli studi di danza classica, contemporanea e teatrali mi sono diplomata in Grafica d’Arte alla Scuola Internazionale di Specializzazione Il Bisonte di Firenze e da quel momento ho approfondito ulteriormente ciò che per me è più importante: la cura del gesto e del movimento. Dal mondo della fotografia ho imparato il fascino del potere deformante dell’immagine umana. E da quello della performance la possibilità di realizzare opere nelle quali lo spettatore sia soggetto attivo nel suo scegliere il punto di vista, deve scegliere su cosa focalizzare l’attenzione: il movimento del corpo o le sue variazioni grafiche, il suo farsi macchia, lo scomparire di un arto? L’atto creativo si allarga».
Su tutto domina il corpo nudo dei due performer, lei e Maurizio Giunti. Che significato ha la corporeità?
«Mi rifaccio al corpo come materia prima per avere un accesso alla realtà. In qualche modo il corpo rappresenta anche la morte: la semplice essenza di quello che siamo, viva ma moritura. Il corpo è attivo e mobile, ma anche abbandonato e inerme, pura materia da plasmare. Anche per questo ho lasciato che il titolo Riflessioni fosse il più aperto possibile: libertà totale di pensiero».
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