Il rettore Deflorian: «Ha combattuto la sua battaglia»
Ieri la laurea ad honorem a Megalizzi. Sassoli: «La sua morte, una ferita» Moresco: «Lui è presente»
«La figura di Antonio Megalizzi è legata all’Europa dei diritti e della pace, il suo messaggio deve essere raccolto». Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha pronunciato queste parole con emozione, quella stessa emozione che ha segnato ieri la cerimonia di conferimento della laurea ad honorem in European and International Studies al giovane giornalista trentino morto nel dicembre del 2018 a Strasburgo.
Il capo dello Stato, che era già stato a Trento nel giorno dei funerali, ha voluto partecipare anche al riconoscimento accademico alla memoria. Non era previsto il suo intervento, ma alla fine della cerimonia ha preso la parola per congratularsi con l’ateneo trentino per l’iniziativa e per ringraziare «gli amici di ieri e di oggi di Antonio che portano avanti le sue idee»: «È di grade significato che l’Università di Trento abbia deciso di conferire ad Antonio questo riconoscimento, ed è commovente che le persone che più gli sono state vicine abbiano dato vita alla fondazione che porta il suo nome». Per Mattarella, il valore di Antonio Megalizzi era la capacità di «comprendere e far comprendere» l’Europa attraverso i suoi studi e il suo lavoro giornalistico: «Spirito critico animato dal confronto delle opinioni, non limitato a capire ma orientato ad aiutare gli altri a comprendere quel processo europeo che si basa sui diritti, sulla democrazia e sulla pace».
La cerimonia — presenti tra gli altri la giudice costituzionale Daria de Pretis, il governatore Maurizio Fugatti e il sindaco di Trento Franco Ianeselli — si è svolta ieri nell’auditorium di palazzo Paolo Prodi, sede della Scuola di Studi internazionali frequentata da Antonio. «Questa era casa sua — ha esordito il rettore Flavio Deflorian — qui ha formato i suoi convincimenti, qui ha sviluppato il suo impegno europeista, qui ha studiato, superato gli esami, come ogni nostro studente». Per il rettore, «Antonio ha combattuto la sua buona battaglia, quella per un’Europa più libera e più giusta». Ideali che un tempo erano dati per scontati: «Ma l’Europa — ha affermato Deflorian — non era e non è per niente scontata, e la generazione di Antonio ha dovuto capirlo in fretta. Tra quelli che lo hanno capito, alcuni, i migliori, hanno cercato di reagire con la loro intelligenza, con il loro impegno e con le loro parole. Questo ha fatto di lui un esempio».
Alla cerimonia anche David Sassoli, presidente del Parlamento europeo. Ha ricordato quei giorni, quel tragico attentato: «Sono passati trenta mesi da quell’11 dicembre del 2018. A Strasburgo si riuniva la sessione parlamentare. C’era un clima di festa, ci si avvicinava al Natale, e Antonio era lì per quella che era la sua missione, raccontare ai giovani l’Europa. La sua morte è una ferita viva — ha osservato — che resta nella memoria e nella storia del Parlamento europeo». Per Sassoli, «Antonio Megalizzi rappresenta il simbolo dell’Europa che vogliamo»: «Un’Europa vicina ai cittadini, solidale, autorevole, che cresce grazie al dialogo, al confronto. Antonio — ha continuato il presidente del Parlamento europeo — era una persona che credeva profondamente nel sogno europeo, che lo alimentava ogni giorno con il suo lavoro e la sua passione. E lo avremmo avuto al nostro fianco anche nella difesa dello Stato di Diritto, dei valori fondamenti che oggi animano il dibattito europeo: la pace tra le nazioni, la libertà di pensiero, il rispetto delle persone, di tutte le persone, la tutela delle diversità. Per questo — ha sottolineato Sassoli — chiediamo il rispetto dei Trattati a quei Paesi che minano l’autonomia della magistratura e dell’informazione, e sollecitiamo l’apertura di procedure di infrazione nei confronti di quegli Stati che dichiarano alcuni loro territorio “Lgbt Free Zone”».
Dopo gli interventi di Andrea Fracasso, già direttore della Scuola di Studi Internazionali, e l’attuale direttore Stefano Schiavo ha preso la parola Luana Moresco, presidente della Fondazione Antonio Megalizzi: «Studio e passione radiofonica erano per Antonio una vera e propria battaglia di vita: spiegare cose difficili in modo semplice, raccontare le istituzioni, renderle vicine ai cittadini, parlare a tutti di Europa. Grazie alla Fondazione che oggi porta il suo nome Antonio non è, e non sarà mai, solo passato: è presente. E futuro». La pergamena della laurea ad honorem è stata consegnata alla famiglia tra l’emozione dei presenti. E la cerimonia, iniziata con l’inno nazionale, si è quindi conclusa sulle note dell’Inno alla gioia di Beethoven, l’inno dell’Unione europea.