IL CAPPELLO IN MANO
In questi giorni leggiamo sui giornali dei viaggi a Roma del presidente Fugatti in compagnia del suo omologo sudtirolese Kompatscher.
Sono molto impegnati in una serie di incontri con i rappresentanti del governo per riuscire a recuperare risorse per l’Autonomia. Si parla di 1,2 miliardi di euro che potrebbero finire sul piatto sotto forma di sconti e mancate riscossioni da parte dello Stato. Il condizionale è d’obbligo perché i due presidenti non possono appoggiarsi a nessuna norma, devono sperare nella comprensione del governo: in poche parole hanno il cappello in mano. Ma come siamo giunti a questa situazione? Dobbiamo partire dal 2009. In quell’anno il PIL del Trentino Alto Adige/Südtirol era equamente spartito tra Trento e Bolzano: la forza economica del Trentino era esattamente la stessa del
Sudtirolo. Impossibile? Lo certificano i dati ufficiali (milione più-milione meno). In quel nefasto 2009 l’allora presidente Dellai, spaventato dall’invasività dei governi susseguitisi nel decennio precedente e fiducioso nella ripresa post crisi del 2008, decide di proporre allo Stato un meccanismo che colleghi ancora di più il gettito nazionale al Trentino, ignorando ovviamente di mettere il Trentino su una nave in acque ancora più torbide. Da quel momento, infatti, il PIL del Sudtirolo inizia a galoppare mentre il nostro inizia una fase di stagnazione che durerà quasi dieci anni. Nessuno ha raccontato di questa crisi della nostra economia dell’ultima era Dellai e del quinquennio Rossi. Anche in questo caso i dati ci aiutano decretando per il periodo 2009/2017 un divaricamento colossale del PIL tra le due provincie che raggiunge 10 punti percentuali, quasi tre miliardi di PIL in meno. Riassumendo la situazione finanziaria del Trentino: dopo il 2009 ci siamo ancorati alla crescita del PIL nel momento in cui il PIL si è fermato. Nel 2014 l’allora presidente Rossi si è trovato nella situazione di dover ridiscutere quel patto del 2009; ma invece di prendere atto della situazione contingente — e cioè del fallimento assoluto del trattato di Milano — ha cercato di spiegare ai trentini che lui ha salvato il tutto grazie al Patto di Garanzia. Ed è venuto a spiegarlo in Consiglio provinciale il 17 ottobre 2014, pochi giorni prima di firmare. Quel secondo sciagurato patto aveva la nobile intenzione di fermare le numerose invasioni dei governi nazionali nelle tasche dei trentini e di dare certezza alle casse. Purtroppo prevedeva due condizioni che si sono rivelate anch’esse vessatorie. La prima il ritiro (entro 20 giorni) di tutti i ricorsi davanti alla Cassazione che le giunte Dellai e Rossi avevano presentato contro i prelievi forzosi, per complessivi 3 miliardi di euro (sic!). La seconda una dettagliata contabilità dei contributi statali per i successivi 26 anni alla nostra autonomia, con una riserva per lo Stato del 20 per cento in caso di particolari difficoltà. Tale dettagliata contabilità fu venduta al Consiglio provinciale come una conquista di certezza degli importi, dimenticando di inserire, come invece lo Stato ha fatto, una qualsivoglia clausola di riserva, di sicurezza, di emergenza per casi di particolare difficoltà: tipo, ad esempio, un ulteriore crollo del PIL. Per spiegare dunque i veri motivi per i quali il presidente Fugatti si trova a Roma con il cappello in mano a chiedere denaro, basta ricordare le parole usate nel Consiglio provinciale dell’ottobre 2014 quando Rossi illustrava il grande risultato ottenuto ai consiglieri di maggioranza e minoranza (uno in particolare purtroppo non c’è più ed è il compianto collega e amico Rodolfo Borga, un altro l’attuale presidente Fugatti e poi il consigliere Degasperi oggi come all’ora all’opposizione). Borga,Fugatti, Degasperi dicevano tra l’altro : «Siamo sicuri che questo accordo sia un vantaggio per il Trentino? Davvero vogliamo ritirare i ricorsi che valgono 3 miliardi di euro? Perché lo Stato si vuole tutelare con un 20%’». Forse al tempo questi grilli parlanti andavano ascoltati. Oggi speriamo di essere alla fine della peggiore crisi dal 1929. Sui giornali locali, dopo un anno di contabilità legata a Covid e vaccini, leggeremo ancora le ricette degli ex presidenti della giunta che ci spiegano come gestire l’economia della Provincia?