Ceramica, trekking, teatro la Falenablu di Musmeci contro la violenza sulle donne
Il contenitore artistico Falenablu, fondato nel 2012 da Valentina Musmeci, ha permesso in questi anni a centinaia di donne vittime di violenza - anche provenienti da strutture protette del territorio - di comprendere e comunicare la propria sofferenza, grazie alla manipolazione dell’argilla e della ceramica. «L’arte tocca ogni esperienza di vita. Praticandola, io stessa ho acquisito la capacità di riflettere sulla mia personale situazione. Mi dedico a questi temi perché hanno toccato anche la mia vita», racconta Musmeci.
Trentina, tre figli, viaggiatrice, giornalista e artista, si definisce «una curatrice di giardini». Il suo lavoro quotidiano abbraccia arte, interiorità e realtà in tutte le possibili connessioni. Le attività di Falenablu sono patrocinate da Provincia e Università di Trento e comprendono percorsi autobiografici di scultura ispirati al pedagogista Duccio Demetrio, dove il prodotto artistico incide la realtà con una nuova intenzione. Falenablu si occupa anche di laboratori di scrittura sulla Dea Madre e organizza workshop di teatro: dopo aver in passato collaborato con Simonetta Agnello Hornby in questo settore, il prossimo appuntamento è per venerdì, sabato e domenica con il regista Gianluigi Gherzi (progetto.falenablu@gmail.com). Il frutto dell’attività genererà uno spettacolo aperto al pubblico. Da quattro anni, infatti, all’inizio dell’estate, si ripete l’appuntamento con La Venere del Gaban, dove il trekking al sito archeologico si unisce alla messa in scena di uno spettacolo sulla riscoperta della cultura e dei simboli femminili. «L’ispirazione è la Venere del Gaban, reperto del primo neolitico custodito al Muse. Le popolazioni antiche praticavano il culto della donna: dobbiamo recuperare il valore della dea madre e il rispetto per la natura personificato dalla creatrice», chiarisce.
Attiva fra Trento e Rovereto grazie a donne impegnate a titolo volontaristico, Falenablu prende il nome da «una creatura fragile e viva: il tipo di essere vivente che meglio risponde agli stress della vita», spiega la fondatrice. «Le farfalle comunicano con i colori, le falene in modo invisibile, coi feromoni. In questo ho trovato una similitudine con la donna, che spesso non dice cosa ha dentro. Il blu, poi prosegue - è il colore della comunicazione. La metamorfosi di questo animale rappresenta al meglio il concept del progetto». Musmeci non nasce però come artista. Dopo il liceo scientifico e un abbozzo di studi di Economia, il suo percorso ha virato subito sulle Scienze umane e la Sociologia. «Ho avuto la fortuna di risiedere lunghi periodi in val di Sella ed è lì che ho iniziato con le mie prime opere di land art», racconta. «Credo sia importante coinvolgere un pubblico più ampio e vario possibile nella creazione di una nuova coscienza collettiva relativa al valore della donna, a come spesso la violenza sia subdola e difficile da individuare: per cambiare davvero la cultura, serve l’impegno di tutti», conclude.