UN LABORATORIO TRENTINO PER ANDARE OLTRE LE FRAMMENTAZIONI
L’anticipazione profetica è più capacità di interpretare il futuro o più pragmaticamente, capacità di leggere in modo intelligente il presente? A noi non spetta predire il futuro. Ai nostri fini preferiamo cercare di attestarci sulla seconda interpretazione, ovvero cercare di leggere più in profondità il presente nel quale ci troviamo a vivere e a operare. E in questo ambito porci l’interrogativo: dove possono o vogliono andare le tradizioni cristiano-popolari o le variegate esperienze cristianamente ispirate? In Italia i cattolici praticanti sono oggi una minoranza. Ma il loro pensiero, la loro cultura no. La domanda che ci facciamo allora è questa: se il loro ruolo è così incidente perché non può avvalersene anche il governo della Polis? Certamente non possiamo cedere al feticcio della semplificazione. Alla demagogia che genera illusioni. Al localismo che ti promette protezione e ti consegna all’isolamento e all’involuzione. Se la politica esprime «buona politica» guida i processi; armonizza gli interessi; sta davanti all’economia e alla finanza; persegue la giustizia sociale e quindi realizza il bene comune. Ecco perché questo è il tempo del coraggio e della testimonianza. Forse giova ritornare a far parte di una razza estinta. Quella che abita e che frequenta un luogo ancora da scoprire e che per convenzione è chiamata «Utopia». Guardando all’Italia, noi siamo per una decisa discesa nel campo della politica. Per assicurare il nostro contributo alla soluzione dei tanti problemi e delle tante sofferenze con cui gli italiani sono alle prese. Quindi siamo per un impegno chiaro e aperto per «concorrere» al bene del Trentino, dell’Italia, della Ue.
Bisogna quindi uscire dall’attuale condizione «difensiva», dall’esserci supinamente omologati alla dottrina della «diaspora», il passaggio alla frammentazione politica è stato quasi naturale. Non si comprese però che la frammentazione politica ci avrebbe consegnato alla irrilevanza nei processi decisionali dentro le istituzioni. Per uscire da questa condizione c’è una sola strada: far vincere la logica dell’aggregazione. Far prevalere lo spirito della collaborazione cooperativa. Trarre alimentazione dal messaggio cristiano dell’Unità. Il ritorno all’obiettivo dell’unità possibile, come un cammino verso la condivisione, come aspirazione alla comunione di intenti per essere in grado di rappresentare non un singolo ma una comunità, diventa tremendamente di attualità.
L’obiettivo deve allora essere quello di dare vita a un’area larga. Un’area che sappia valorizzare e armonizzare le testimonianze di chi è impegnato non solo dentro ma anche fuori le istituzioni. Un’area capace di libertà autentica, che sappia rifiutare il «male» della guerra e valorizzare il ruolo della famiglia, il rispettare l’ambiente, il rendere concreto lo sviluppo sostenibile. Uno scenario simile ha bisogno di un respiro culturale sovranazionale. L’Unione europea non può essere considerata una semplice via di fuga, ma una scelta strategica fondamentale e imprescindibile. Non c’è futuro per noi senza Europa. Sul versante del modello di sviluppo, nell’età della globalizzazione, assistiamo al dominio del liberismo senza controllo e allo strapotere dei sistemi finanziari senza etica. È ormai chiaro che le crisi degli anni 2000, nascono dagli egoismi del sistema capitalistico. È impossibile uno sviluppo senza uomini retti, senza operatori economici che portino fortemente nelle loro coscienze l’appello del bene comune. Come è impossibile imboccare la strada di un modello economico nuovo senza spingere sull’acceleratore del principio di sussidiarietà e di un partenariato cooperativo fra i vari soggetti in campo: siano esse persone, imprese o istituzioni pubbliche. Sono passati ormai quasi 30 anni da quando si decretò che era finita la prima Repubblica: quella fondata sul primato dell’ideologia. L’Italia avrebbe dovuto trarne straordinarie opportunità e solo benefici, liberata dall’oligarchia partitica. E invece l’orologio si è fermato. Innumerevoli e troppi gli indicatori con segno negativo: la buona politica si è smarrita. I valori sono stati derubricati a optional. La qualità della nostra democrazia ha pagato prezzi alti. L’andamento dell’economia aggravata dall’ondata pandemica del Covid 19 e ora anche dalla guerra decisa dalla Russia di Putin, ci ha consegnato un aumento vertiginoso di sofferenze, soprattutto per i più fragili,i giovani, le donne. Tutto ciò è potuto accadere perché la cultura cristiano-popolare di tradizione centrista non è stata in grado di essere un «giocatore» della partita. Da qui bisogna ricominciare.
Per questo sabato prossimo, promosso da un gruppo di pionieri coordinati da Enrico Galvan sindaco di Borgo Valsugana, si aprirà il «Laboratorio paritario trentino». Non sarà un partito, ma un luogo di dialogo, incontro, confronto per mettere in comune valutazioni, progetti e iniziative. Ogni esperienza manterrà la propria identità e la propria struttura. Ma va ritenuto un passaggio preliminare e propedeutico per dar vita, ma solo in una fase successiva, a iniziative politiche congiunte e unitarie. Un impegno che ha come obiettivo il superamento della frammentazione nelle aree centrista, riformista e liberaldemocratica e, allo stesso tempo, vuole cestinare l’esperienza leaderistica e quella del bipolarismo muscolare italiano che hanno leso alle radici i valori della partecipazione dei cittadini e della rappresentanza democratica.
* Già onorevole, tra i proponenti dell’esperienza politica del «Laboratorio paritario Trentino»