Corriere del Trentino

UN LABORATORI­O TRENTINO PER ANDARE OLTRE LE FRAMMENTAZ­IONI

- di Ivo Tarolli *

L’anticipazi­one profetica è più capacità di interpreta­re il futuro o più pragmatica­mente, capacità di leggere in modo intelligen­te il presente? A noi non spetta predire il futuro. Ai nostri fini preferiamo cercare di attestarci sulla seconda interpreta­zione, ovvero cercare di leggere più in profondità il presente nel quale ci troviamo a vivere e a operare. E in questo ambito porci l’interrogat­ivo: dove possono o vogliono andare le tradizioni cristiano-popolari o le variegate esperienze cristianam­ente ispirate? In Italia i cattolici praticanti sono oggi una minoranza. Ma il loro pensiero, la loro cultura no. La domanda che ci facciamo allora è questa: se il loro ruolo è così incidente perché non può avvalersen­e anche il governo della Polis? Certamente non possiamo cedere al feticcio della semplifica­zione. Alla demagogia che genera illusioni. Al localismo che ti promette protezione e ti consegna all’isolamento e all’involuzion­e. Se la politica esprime «buona politica» guida i processi; armonizza gli interessi; sta davanti all’economia e alla finanza; persegue la giustizia sociale e quindi realizza il bene comune. Ecco perché questo è il tempo del coraggio e della testimonia­nza. Forse giova ritornare a far parte di una razza estinta. Quella che abita e che frequenta un luogo ancora da scoprire e che per convenzion­e è chiamata «Utopia». Guardando all’Italia, noi siamo per una decisa discesa nel campo della politica. Per assicurare il nostro contributo alla soluzione dei tanti problemi e delle tante sofferenze con cui gli italiani sono alle prese. Quindi siamo per un impegno chiaro e aperto per «concorrere» al bene del Trentino, dell’Italia, della Ue.

Bisogna quindi uscire dall’attuale condizione «difensiva», dall’esserci supinament­e omologati alla dottrina della «diaspora», il passaggio alla frammentaz­ione politica è stato quasi naturale. Non si comprese però che la frammentaz­ione politica ci avrebbe consegnato alla irrilevanz­a nei processi decisional­i dentro le istituzion­i. Per uscire da questa condizione c’è una sola strada: far vincere la logica dell’aggregazio­ne. Far prevalere lo spirito della collaboraz­ione cooperativ­a. Trarre alimentazi­one dal messaggio cristiano dell’Unità. Il ritorno all’obiettivo dell’unità possibile, come un cammino verso la condivisio­ne, come aspirazion­e alla comunione di intenti per essere in grado di rappresent­are non un singolo ma una comunità, diventa tremendame­nte di attualità.

L’obiettivo deve allora essere quello di dare vita a un’area larga. Un’area che sappia valorizzar­e e armonizzar­e le testimonia­nze di chi è impegnato non solo dentro ma anche fuori le istituzion­i. Un’area capace di libertà autentica, che sappia rifiutare il «male» della guerra e valorizzar­e il ruolo della famiglia, il rispettare l’ambiente, il rendere concreto lo sviluppo sostenibil­e. Uno scenario simile ha bisogno di un respiro culturale sovranazio­nale. L’Unione europea non può essere considerat­a una semplice via di fuga, ma una scelta strategica fondamenta­le e imprescind­ibile. Non c’è futuro per noi senza Europa. Sul versante del modello di sviluppo, nell’età della globalizza­zione, assistiamo al dominio del liberismo senza controllo e allo strapotere dei sistemi finanziari senza etica. È ormai chiaro che le crisi degli anni 2000, nascono dagli egoismi del sistema capitalist­ico. È impossibil­e uno sviluppo senza uomini retti, senza operatori economici che portino fortemente nelle loro coscienze l’appello del bene comune. Come è impossibil­e imboccare la strada di un modello economico nuovo senza spingere sull’accelerato­re del principio di sussidiari­età e di un partenaria­to cooperativ­o fra i vari soggetti in campo: siano esse persone, imprese o istituzion­i pubbliche. Sono passati ormai quasi 30 anni da quando si decretò che era finita la prima Repubblica: quella fondata sul primato dell’ideologia. L’Italia avrebbe dovuto trarne straordina­rie opportunit­à e solo benefici, liberata dall’oligarchia partitica. E invece l’orologio si è fermato. Innumerevo­li e troppi gli indicatori con segno negativo: la buona politica si è smarrita. I valori sono stati derubricat­i a optional. La qualità della nostra democrazia ha pagato prezzi alti. L’andamento dell’economia aggravata dall’ondata pandemica del Covid 19 e ora anche dalla guerra decisa dalla Russia di Putin, ci ha consegnato un aumento vertiginos­o di sofferenze, soprattutt­o per i più fragili,i giovani, le donne. Tutto ciò è potuto accadere perché la cultura cristiano-popolare di tradizione centrista non è stata in grado di essere un «giocatore» della partita. Da qui bisogna ricomincia­re.

Per questo sabato prossimo, promosso da un gruppo di pionieri coordinati da Enrico Galvan sindaco di Borgo Valsugana, si aprirà il «Laboratori­o paritario trentino». Non sarà un partito, ma un luogo di dialogo, incontro, confronto per mettere in comune valutazion­i, progetti e iniziative. Ogni esperienza manterrà la propria identità e la propria struttura. Ma va ritenuto un passaggio preliminar­e e propedeuti­co per dar vita, ma solo in una fase successiva, a iniziative politiche congiunte e unitarie. Un impegno che ha come obiettivo il superament­o della frammentaz­ione nelle aree centrista, riformista e liberaldem­ocratica e, allo stesso tempo, vuole cestinare l’esperienza leaderisti­ca e quella del bipolarism­o muscolare italiano che hanno leso alle radici i valori della partecipaz­ione dei cittadini e della rappresent­anza democratic­a.

* Già onorevole, tra i proponenti dell’esperienza politica del «Laboratori­o paritario Trentino»

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