«Pena troppo misericordiosa, ma vivrà con i sensi di colpa»
«Una pena forse troppo misericordiosa». Usano queste parole i familiari di Deborah Saltori commentando la condanna a ventiquattro anni di reclusione di Lorenzo Cattoni. Il fratello, la mamma della quarantenne di Meano, uccisa dal marito, non hanno voluto vendetta, hanno solo e sempre cercato giustizia. Ma è inutile nascondere che ai loro occhi, comprensibilmente, l’unica pena giusta per chi ha strappato per sempre una madre ai suoi quattro figli, per quel gesto terribile e crudele, per gli anni di sofferenza di Deborah, era quella dell’ergastolo.
«Il processo — spiega la famiglia attraverso l’avvocato Marco Vernillo — non era visto alla stregua di uno strumento di vendetta legale, ma un momento di giustizia. Certo, si aspettavano una pena più severa e commisurata alla gravità del tragico fatto». Il legale ricorda che per i parenti di Deborah la sentenza di primo grado «rappresenta la fine di un dolorosissimo percorso, che consente loro di ricominciare a vivere e pensare al benessere dai ragazzi. Certi del fatto che, a prescindere dalla pena — continua — Cattoni è stato condannato all’ergastolo dalla vita».
L’agricoltore di Nave San Rocco non trascorrerà tutta la vita in carcere, l’ordinamento giuridico italiano non lo prevede neppure in caso di condanna all’ergastolo, probabilmente tra 21 anni sarà di nuovo libero, o forse prima se manterrà un comportamento costruttivo in carcere. «Ma — precisa ancora il legale della famiglia — è destinato per sempre a convivere con i propri sensi di colpa, che nessuno strumento premiale previsto dall’Ordinamento Giuridico potrà mai affievolire o mitigare». E questa è una pena, se possibile, ancora più pesante, perché oltre il senso di colpa dovrà convivere con la perdita del suo bambino.