Corriere del Trentino

«Ora valutiamo il ricorso all’Aia, non siamo ladri»

- Chiara Currò Dossi

«Per la prima volta nella storia, la Corte costituzio­nale viene meno ai suoi principi sacrosanti. E cioè la certezza del diritto, la ragionevol­ezza, il legittimo affidament­o e la non-retroattiv­ità. Non ce lo aspettavam­o e ora, con i nostri difensori, valuteremo la possibilit­à di rivolgerci alla Corte europea dei diritti dell’uomo, all’Aia». Franz Arthur Pahl parla in qualità di ex consiglier­e provincial­e dell’Svp, al quale era stato chiesto di restituire 323 mila euro, ma anche di presidente dell’Associazio­ne degli ex consiglier­i regionali ed ex parlamenta­ri nazionali ed europei del Trentino Alto Adige. E a lui rimanda anche l’ex governator­e Luis Durnwalder, che si sfila dalla polemica commentand­o la sentenza con parole asciutte: «Io rispetto le decisioni, ma quella in questione non è una riforma vera se non vale per tutti, ma solo per i politici».

Pahl, è stato un fulmine a ciel sereno?

«Non ce l'aspettavam­o, proprio perché la sentenza non rispetta la certezza del diritto. Finora, la Corte ha sempre detto che il contributo di solidariet­à può essere chiesto una sola volta e per un periodo di tempo limitato: alla Sicilia, per esempio, che aveva istituito un fondo per 5 anni, è stato imposto di ridurlo a 3. Ma per il Trentino Alto Adige, dove il contributo viene applicato vita natural durante, tutto va bene. Vengono meno anche i principi della ragionevol­ezza e della non-retroattiv­ità.È stata imposta una decurtazio­ne del 20%, che è già tanto, e retroattiv­a, in ragione del principio del mantenimen­to del bilancio. Ma la nostra regione non ha mai avuto di questi problemi».

Però, con la prima riforma, nel 2012, la Regione ha risparmiat­o 50 milioni di euro.

«Per la precisione 56, che sono andati in un fondo sociale. L’allora presidente del consiglio regionale, Rosa Thaler, era stata accusata di aver sprecato i soldi (per aver adottato, nel calcolo dei vitalizi, parametri troppo favorevoli, utilizzand­o un tasso di sconto troppo basso e calcolando un’aspettativ­a di vita di 90 anni, ndr) : ma a maggio dello scorso anno il tribunale di Bolzano le ha dato ragione, assolvendo con formula piena lei e Gottfried Tappeiner, ex presidente di Pensplan».

Ci si poteva fermare lì?

«Quella riforma poteva andare bene, era stata accettata dall’associazio­ne, dai sindacati e da tutti i partiti. Il contributo sociale era del 10%, e la questione del cumulo delle pensioni non veniva toccata. Poi, sotto la pressione dell’opinione pubblica, è diventato tutto sbagliato, e tutti noi dei ladri. Nel 2014, al 10% di decurtazio­ne, si è aggiunto un ulteriore 20% per chi percepiva, oltre al vitalizio da ex consiglier­e regionale, anche la pensione da ex parlamenta­re, carica ricoperta in un periodo diverso. E ora, per la Corte, tutto questo va bene, sempliceme­nte in ragione del fatto che era troppo».

C’entra anche qui il peso dell’opinione pubblica, secondo lei?

«Ha sicurament­e avuto un ruolo. Ma è anche questione di mancato rispetto nei confronti dei politici, lavoratori di serie b. L’invidia nei nostri confronti, aizzata anche dai media, era così grande, che si correva il rischio che i cittadini pensassero che anche le sentenze vengono fatte come vogliamo noi».

Lei crede che, a questo punto, il governo potrebbe essere legittimat­o a mettere le mani nelle tasche anche di altri lavoratori?

«Dico solo che è sempre stato normale che un cittadino potesse percepire due pensioni diverse, per periodi di lavoro diversi. Vorrei vedere cosa direbbero i cittadini, se una delle due venisse loro decurtata solo in ragione del fatto che ne percepisco­no più di una».

Chi ci ha rimesso di più?

«Le vedove degli ex consiglier­i,che nella vita hanno lavorato solo per la famiglia. Donne che oggi hanno 80-90 anni, e che, dal 2014, si ritrovano con una pensione di 500 euro appena».

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