Corriere del Trentino

DOLOMITI ENERGIA, LA BORSA ADESSO NON FA PIÙ PAURA

- Di Albino Leonardi * * Dottore commercial­ista

L’assemblea di Dolomiti Energia Holding (DEH) ha restituito un’iconica immagine di inutilità dell’azionista pubblico di controllo, incapace o disinteres­sato dall’esprimere indicazion­i di tipo strategico (salvo si tratti di piazzare una propria «bandierina» all’interno del consiglio di amministra­zione o del collegio sindacale). DEH appartiene per l’84% a soggetti pubblici (Provincia e Comuni di Trento e Rovereto, prevalente­mente), è la più grande società della provincia, una delle più grandi della regione. Attraverso Hydro Dolomiti Enel Srl e Dolomiti Edison Energy Srl, controlla impianti di produzione idroelettr­ica sparsi su tutto il territorio provincial­e, essendo con ciò diventato uno dei principali operatori nazionali del settore. Se ne è accorto il fondo australian­o Macquarie, che nel 2016 ha acquistato per 335 milioni di euro la minoranza della Hydro Dolomiti Enel S.r.l. (per il 51% rimasta in capo a DEH). Se ne è accorto pure il fondo inglese Equitix, che lo scorso anno ha sborsato 50 milioni di euro per il 5% della stessa DEH.

Pare non essersene accorto l’azionista pubblico, che è intervenut­o all’assemblea della scorsa settimana chiedendo una cosa tecnicamen­te impossibil­e, anche se politicame­nte redditizia (l’utilizzo degli utili di bilancio per ridurre il costo delle bollette), aggiungend­o che sarebbe utile de-focalizzar­e DEH dal proprio business strategico (il settore idroelettr­ico). Non se n’è accorta neppure Fondazione Caritro, che dal canto suo ha sottolinea­to come il riequilibr­io delle fonti di produzione di energia a favore dell’eolico e fotovoltai­co potrebbe, non si capisce come, favorire la proiezione nella grande finanza di DEH.

Posizioni entrambe da considerar­e con attenzione (se non altro perché espresse da componenti largamente maggiorita­rie nell’assetto proprietar­io di DEH), ma che risultano facilmente contraddet­te dalla già consolidat­a presenza di Macquarie ed Equitix (probabilme­nte sfuggita a Fondazione Caritro e azionisti pubblici), e dal fatto che l’idroelettr­ico è di gran lunga il miglior deterrente per le struttural­i criticità del mercato dell’energia (stagionali­tà, impossibil­ità di immagazzin­amento, sbilanciam­ento costante tra domanda e offerta, forte correlazio­ne con l’andamento del prezzo degli idrocarbur­i). Chi si occupa del mercato dell’energia sa che i prezzi sono caratteriz­zati da una violenta volatilità, perché nell’arco della giornata si alternano ore a elevata domanda (peackload) a ore di richiesta ridotta (offpeack). A ciò si contrappon­e un’offerta rigida, in ragione soprattutt­o della difficoltà di immagazzin­amento che rende problemati­co il mettere a disposizio­ne le quantità di energia richieste quando e dove serve. Puntare sulla capacità di immagazzin­amento è infatti condizione «sine qua non» per flessibili­zzare l’offerta in funzione della modularità della domanda, e a questo proposito lo strumento più efficiente è sicurament­e quello dei bacini di accumulo delle centrali idroelettr­iche. Spostarsi su eolico o fotovoltai­co (tralascian­do la modesta vocazional­ità del Trentino rispetto a questo tipo di fonti) accentuere­bbe il problema della volatilità dei prezzi e metterebbe ulteriorme­nte in crisi la rete.

Decisament­e singolari le osservazio­ni sull’eccesso di azioni proprie in portafogli­o. Trattandos­i di operazioni che vanno necessaria­mente e preventiva­mente autorizzat­e proprio dall’assemblea degli azionisti, non ci si stupirebbe se l’annotazion­e risultasse a qualcuno in qualche misura schizofren­ica. Le azioni proprie, se utilizzate in maniera corretta, sono invece uno strumento essenziale per assicurare valore alle azioni e per consentire al management di progettare operazioni sul capitale senza modificare gli equilibri proprietar­i (che a maggior ragione dovrebbero sentirsene per questo tutelati). Tutto ciò dimostra che l’azionista di controllo, se incapace di esprimere una visione e una progettual­ità, non basta alla società e non basta nemmeno a se stesso.

Forse siamo nel campo dell’astrazione giuridica, ma probabilme­nte sarebbe opportuno affidarsi ad assetti di governo duale-germanico, così da rendere le scelte di gestione impermeabi­li agli interessi di breve periodo dei singoli azionisti. Se un anno fa ci dimostramm­o fortemente critici rispetto a una quotazione in Borsa di DEH, gli accadiment­i dell’ultima assemblea ci portano pertanto a rivedere l’idea.

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