Corriere del Trentino

L’ottimismo di Brunetta «La crisi non c’è, il Pil crescerà del 3% No al salario minimo»

- Daniele Cassaghi

TRENTO «In Italia non c’è crisi economica. È acquisto lo 0,1% nel primo trimestre. Il secondo sembra essere ancora meglio e per la fine dell’anno la crescita del Pil è molto probabile che sia del 3% per effetto del trasciname­nto». Così il ministro della Pubblica Amministra­zione Renato Brunetta dal palco del Teatro Sociale di Trento. Ma puntualizz­a: «A patto che non ci siano segni negativi negli altri trimestri». In un dialogo con il giornalist­a Alberto Orioli all’interno del Festival dell’Economia, il ministro si dichiara «ottimista per natura», e ha detto la sua su molte questioni: dall’Europa al salario minimo, passando per il bonus 110% e l’inflazione. Tra il pubblico, il presidente della Provincia Fugatti, l’ex inquilino di via XX settembre, Giovanni Tria, e il ministro per gli affari regionali Francesco Boccia.

«In Italia la manifattur­a non si è mai fermata, neanche durante il periodo più buio del lockdown. Certo c’è un rimbalzo ma l’Italia sta dimostrand­o resilienza — commenta Brunetta — facciamo fatica a risolvere i problemi struttural­i, ma ce la sfanghiamo meglio degli altri con quelli congiuntur­ali». E il riferiment­o è al conflitto in corso, che fa schizzare i prezzi: «Più la guerra diventa complicata e più è facile trovare la una soluzione», teorizza. L’esempio è quello dell’approvvigi­onamento di grano, questione che solo ora è arrivata sotto i riflettori delle cronache e che richiede una soluzione a livello continenta­le.

«Come diceva Jean Monmento net, l’Europa nasce dalle risposte che dà alle crisi», come nel caso della scelta di contrarre debito comune per finanziare il NextGenEu. «È stato un momento straordina­rio quando Angela Merkel lo ha accettato — continua il ministro — Come lo è stato quando Alexander Hamlton si è inventato il debito comune Federale: il collante “attack” che tiene uniti gli Usa». Brunetta rintraccia qui l’inizio di un’Unione non solo economico-monetaria, ma anche politica. Al netto degli ostacoli: «C’è un problema con il voto all’unanimità. Ma nonostante questo siamo riusciti ad approvare il sesto pacchetto di sanzioni alla Russia, che comporta strappi e problemi diversi per ognuno dei paesi». E sull’opposizion­e iniziale di Viktor Orbàn, il commento è «Fa niente se ci ha guadagnato Kirill».

L’auspicio per il futuro è di continuare su questa strada, varando un piano da 2mila miliardi raccolti dal debito comune per essere investiti su beni pubblici controllat­i a livello europeo: energia e asset essenziali alla transizion­e ecologica. «I mercati farebbero baldoria: sono ricolmi di liquidità».

Su Vladimir Putin: «Quello che sta succedendo oggi, ci impone di fare cose mai fatte. Devo ancora capire i costi benefici della guerra da parte di Putin. Gli Ucraini resteranno inc .... ti per tre generazion­i nei confronti della Russia, con costi incredibil­i. Eppure a Mosca qualcuno ha messo in discussion­e tutti gli equilibri». Primo fra tutti quello che, secondo il ministro, si sarebbe instaurato il 28 maggio 2002 a Pratica di Mare «a opera di un Primo ministro visionario, Silvio Berlusconi, che ha pensato a un’Europa dall’Atlantico agli Urali». Il riferiè alla storica stretta di mano tra George W. Bush, Berlusconi e lo stesso Putin.

Sul fronte interno, il tema caldo è l’inflazione: «È come la temperatur­a corporea, se è troppo alta c’è un’infezione, ma se è troppo bassa allora il metabolism­o non va bene. E veniamo da venti anni di inflazione zero. Non ci siamo più abituati, vero Giovanni Tria?». Perciò minimizza: «Ho vissuto gli anni ‘80. L’inflazione era a due cifre. Sono tra i padri del decreto di San Valentino che ha tagliato la scala mobile: il cappio ai risparmi». Un tema, quello della spirale prezzi-salari, che sta tornado di attualità dopo le recenti richieste di aumenti. E sugli stipendi aggiunge: «Il salario minimo per legge non va bene perché è contro la nostra storia culturale di relazioni industrial­i. Non buttiamo il bambino con l’acqua sporca e valorizzia­mole. Il salario non può essere moderato ma deve corrispond­ere alla produttivi­tà»

Sotto la lente anche il bonus 110% e i sussidi, che hanno aiutato a non congelare l’economia durante la pandemia, ma che per il ministro devono essere rivisti: «Quando si prendono queste misure, dovrebbe essere annunciato il decalage — dice Brunetta — Inoltre il 110% porta a deresponsa­bilizzazio­ni in termini di mercato da parte dei compratori. Permette di infischiar­sene di ottimizzar­e le scelte». E, secondo il ministro, il bonus edilizio sta creando un eccesso di domanda tale da far lievitare i prezzi.

Sulla pubblica amministra­zione, il suo ambito di competenza, Brunetta sostiene che non ci sia un vero mismatch di competenze e rigetta la visione per cui i giovani non siano attratti da quel tipo di lavoro: «Ho bandito concorsi per 45mila posti pubblici, a cui hanno partecipat­o 1 milione e mezzo di candidati — spiega — ora è possibile per per una persona portare avanti più concorsi contempora­neamente. Per questo non c’è nulla di strano se chi vince un posto poi non lo accetta per sceglierne un altro che ha vinto. Abbiamo portato la libertà di scelta anche nel pubblico. Il mio sogno è che il mondo del privato e quello del pubblico abbiano le stesse regole».

❞ L’Europa nasce dalle risposte che dà alle crisi Straordina­rio quando Merkel ha accettato il debito comune

❞ L’Italia dimostra resilienza Fatichiamo con i problemi struttural­i, ma ce la sfanghiamo con quelli congiuntur­ali

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Ministro della Pubblica amministra­zione Renato Brunetta sul palco del Teatro Sociale

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