«Manca personale nel turismo? Si offrano condizioni salariali giuste»
Saraceno: «Problema ciclico. Ora si cerca qualità della vita migliore»
TRENTO A sentire le analisi frettolose, quelle che imputano al reddito di cittadinanza la ragione perché, non da oggi ma da qualche tempo, i lavoratori stagionali non si trovano, Chiara Saraceno sorride. Sociologa, esperta di lavoro e di welfare, nel suo libro «La povertà in Italia. Soggetti, meccanismi, politiche» racconta, con la forza dei numeri, l’esistenza di persone, famiglie intere, che vivono in condizioni di povertà assoluta. È il caso di migliaia di persone con uno stipendio operaio o assimilato.
Insomma professoressa, se gli stagionali non si trovano per lei non è colpa del reddito di cittadinanza?
«Questa bisogno di personale si propone periodicamente e non solo in Italia, il tema oggi colpisce anche la
Germania: pure lì non si trovano lavoratori da inserire nel turismo. Ma sgomberiamo il campo: se si ritiene che 590 euro al mese per famiglia di reddito di cittadinanza siano competitivi rispetto a un salario, allora abbiamo le idee confuse circa il concetto di salario decente. E questo al dice lunga sulle condizioni offerte nel turismo in Italia: 2 o 3 euro l’ora con un part time, poi obbligati a fare full time. Meno male, allora, che qualcuno può dire no a queste condizioni. Ma poi c’è un altro problema».
Quale?
«Effettivamente, lo dicevo con una collega tedesca con cui mi sono confrontata sul tema, probabilmente oggi molte persone non accettano più condizioni di lavoro che non consentano molta vita privata e familiare. Lavorare tutti i weekend, magari di notte, oppure senza orari, lo si fa se si è ben pagati ma anche così per un breve periodo, poi si sceglie una vita regolare. Il mio fruttivendolo sotto casa era un cuoco: mi ha raccontato che ha messo su famiglia e la sera voleva mettere a letto i suoi bambini».
L’ondata di dimissioni volontarie, in tutto il mondo, è stata definita come la reazione della Yolo Generation (acronimo di «You live once»: vivi una volta sola). Pensa sia una nuova presa di coscienza della qualità del lavoro?
«In parte sì, probabilmente oggi si accettano meno alcune condizioni di lavoro aberranti ma anche, più in generale, condizioni di lavoro che non consentano una vita pienotte. na. Sia chiaro: queste persone non è che scelgono di non lavorare, semplicemente lo vogliono fare con più soddisfazione, con più piacere, ricavando del tempo. Il lavoro non è l’unico pezzo della nostra vita e se ne accorgono non solo le donne, cui spesso hanno in carico la cura, ma anche gli uomini. Ecco: questa è una cosa importante che dovrebbe farci riflettere e impone una riorganizzazione di ciò che diamo per scontato. Faccio un esempio: riceviamo pacchi a ogni ora del giorno e i supermercati sono aperti di Ma serve davvero tutto ciò?».
Oggi si parla di salario minimo e il Paese più recalcitrante è l’Italia.
«Siamo esonerati in virtù dello strumento della contrattazione collettiva, ma io sono favorevole al salario minimo perché molte professioni che sono escluse dalla contrattazione son in realtà in forte crescita. Poi non dimentichiamo che noi siamo un paese in cui il 13% con persone di riferimento operaie o assimilate è in povertà assoluta».
Quindi anche gli stagionali se fossero pagati meglio si troverebbero?
«Se fosse pagato meglio forse diventerebbe un lavoro più accettabile, magari anche solo per un periodo ma a condizioni giuste».