«Sociale e medicina, maggiore integrazione sull’intero territorio»
Ripensare l’intero sistema di welfare. Che sia partecipativo, con una maggiore integrazione tra il sociale e la medicina territoriale, più flessibilità e un’idea di salute «unificata». Questo è l’appello di due consulte provinciali: salute e politiche sociali. «La pandemia ha rappresentato un acceleratore delle dinamiche che portano all’isolamento di anziani, giovani, persone con disabilità, adulti a rischio di emarginazione — si legge nel documento firmato dai due presidenti Renzo Dori e Paolo Tonelli — Tali sfide non possono essere affrontate adeguatamente, né con un atteggiamento di attesa, né attraverso approcci di impostazione esclusivamente sanitaria».
«È fondamentale riportare la persona al centro», spiega il numero uno della consulta Salute Dori. Solo così si supererebbe il modello “a silos”, cioè dei piccoli interventi mirati alle singole patologie, in cui rimane la frammentarietà delle prestazioni di cura. Che non sono solo limitate a prestazioni in ambito sanitario ma coinvolgono tutti gli aspetti della persona, a cominciare dal benessere psicologico e sociale. Lo dimostra la domanda di assistenza da parte della popolazione anziana nel 2019. Su 6,9 milioni di over 75 in Italia, 2,7 presentano gravi difficoltà motorie, patologie multiple e compromissioni nelle attività della vita quotidiana. Costoro richiedono prestazioni pubbliche, soprattutto se si trovano in condizioni economiche svantaggiate. Inoltre la proiezione demografica quella di un aumento dell’età della popolazione e un conseguente aggravio della situazione. Non tenerne conto, sostengono i presidenti, significa il rischio di saturare il sistema sanitario, con la conseguenza di una minore accessibilità alle cure da parte di tutti.
Sotto la lente di ingrandimento, anche le Case di comunità previste dal Pnrr, cioè i nuovi istituti territoriali di medicina generale: «Prima di pensarci di cura va affrontato il tema di come sia possibile arrivare a curare le persone nel loro ambiente», commenta Dori. Anche per questo, continuano, è necessario includere il Terzo Settore e la sua esperienza in questo campo nella progettazione del nuovo sistema. «Non abbiamo bisogno di nuovi luoghi di salute, ma di reti e servizi flessibili», si legge infatti nel documento congiunto,.
Il modello da perseguire è quello in cui: «Tutti gli attori della sanità si siedono a un tavolo e grazie alle loro esperienze trovano la soluzione migliore», spiega Tonelli. «L’impressione è che ci sia scarsa consapevolezza da parte del decisore politico della necessità di ripensare il welfare in questo modo, come dimostra la scarsa concentrazione di risorse nella missione 5-sociale del Pnrr», concludono i due presidenti.