Sanità, allarme organico al pronto soccorso «Quadro complicato»
TRENTO «La situazione è terribilmente complicata». È la stessa assessora Stefania Segnana ad ammettere le gravi criticità nei pronto soccorso degli ospedali trentini. «Mancano quasi 5.000 medici nei pronto soccorso italiani e la situazione è allarmante in tutta Italia», ha aggiunto l’assessora nella sua risposta all’interrogazione presentata dal consigliere di Azione Ugo Rossi che aveva sollecitato l’assessorato chiedendo anche un raffronto tra il numero di medici in servizio un anno fa e quello attuale. I dati sono preoccupanti: «Nel giugno 2021 al S. Chiara erano in servizio 22 medici a fronte di una pianta organica di 28, adesso sono in servizio 19». Ma il numero in pianta organica è sempre 28, quindi ne mancano 9. «La situazione è grave anche perché pare che alcuni abbiano deciso di trasferirsi a lavorare a Bolzano», rileva il consigliere. «Abbiamo schierato la protezione civile per il concerto di Vasco, mettiamoci lo stesso impegno anche per i pronto soccorso trentini», punzecchia Rossi.
«La pandemia non ha aiutato e le sospensioni dei professionisti non vaccinati hanno ulteriormente complicato la situazione di carenza dei professionisti sanitari», replica Segnana e ricorda l’impegno per la scuola di medicina. «La giunta ha lavorato proprio per affrontare gli anni a venire», ha aggiunto l’assessora che elenca le azioni intraprese per affrontare le criticità: i concorsi per l’assunzione di
personale a tempo determinato e indeterminato, ma che hanno collezionato poche domande e rinunce, poi le selezioni per le prestazioni libero professionali a chiamata.Pochi i candidati anche in questo caso e comunque non sufficienti a coprire le esigenze.
Intanto ieri mattina in consiglio è tornato a far discutere il tema dell’elezione del vicepresidente del consiglio, figura vacante ormai da agosto del 2020, quando Alessandro Olivi ha deciso di dimettersi. Ieri a proporre la propria candidatura è stato Alex Marini (Movimento 5 Stelle): candidatura non condivisa dalle minoranze che dopo una breve sospensione hanno annunciato la scelta di non rimanere in aula per l’eventuale votazione.