Lavoratore invalido assunto e licenziato dopo un’ora e mezza
Secondo l’azienda non era adatto a svolgere quel lavoro La difesa replica: «Recesso illegittimo e discriminatorio» L’uomo: costretto a dimettermi. Battaglia in tribunale
Un’ora e mezzo di lavoro e poi il benservito. È la storia di un lavoratore di 28 anni, invalido e affetto da diverse patologie, che è stato assunto in prova da un’azienda trentina come addetto alle pulizie e costretto a dimettersi solo un’ora e mezza dopo. Il motivo? Non avrebbe superato il periodo di prova. L’uomo ha impugnato il provvedimento di recesso davanti al giudice del lavoro. Deciderà il Tribunale.
TRENTO Un’ora e mezza di lavoro. Tanto è bastato all’azienda, una ditta di pulizie di Trento, per valutare il lavoratore e dargli il benservito. «Non sei adatto a svolgere queste mansioni», avrebbe detto il responsabile presentandogli una lettera di dimissioni che l’uomo sarebbe stato costretto a sottoscrivere. Lui, preso dal panico, ha firmato, salvo poi rendersi conto e ora il caso è finito sul tavolo del giudice Giorgio Flaim.
Ma riavvolgiamo il nastro della storia perché quello dell’operaio ventottenne è un caso singolare e probabilmente senza precedenti. L’uomo il 23 luglio del 2021 era stato assunto da una ditta di pulizie con un contratto a tempo determinato per tre mesi e un periodo di prova di 26 giorni. Ma l’uomo non è arrivato neppure al secondo giorno. Il 26 luglio di buon mattino era andato al lavoro, ma dopo un’ora e mezza, durante la quale aveva effettuate le pulizie in una concessionaria e poi negli spazi comuni di un condominio, ha iniziato ad accusare forti dolori alla schiena. Si è così confidato con il collega e poco dopo è arrivato il responsabile al quale il dipendente avrebbe chiesto di potere essere assegnato a mansioni un po’ più leggere, considerato il suo stato di salute, ma a quel punto si è trovato in mano la lettera di dimissioni, a quanto pare già compilata. Bastava firmare. E lui, per paura, l’avrebbe fatto poi, ritrovata un minimo di lucidità, ha inviato via whatsapp la revoca delle dimissioni e si è rivolto agli avvocati Attilio Carta e Stefano Tomaselli.
I legali hanno presentato ricorso davanti al giudice del lavoro evidenziando l’illegittimità del recesso durante il periodo di prova per «mancato esperimento della prova e per discriminatori età» e ora chiedono un risarcimento del danno patrimoniale pari alla mancata retribuzione per il periodo di prova, oltre al danno per i minori versamenti contributivi previdenziali. Non solo: i difensori hanno chiesto al giudice anche di dichiarare la nullità del patto di prova in quanto non erano state specificate le mansioni assegnate al dipendente.
L’azienda, infatti, era a conoscenza dello stato di salute del lavoratore, sapeva che l’uomo era affetto da diverse patologie e aveva un’invalidità riconosciuta con una conseguente ridotta capacità lavorativa. Lo stesso medico, nel corso della visita prima dell’assunzione, aveva dichiarato il lavoratore idoneo a svolgere le mansioni di addetto alle pulizie ma con la prescrizione di «limitare la movimentazione manuale di carichi a massimo 12 chili».
L’operaio, che a settembre è riuscito a trovare un’altra occupazione, ha impugnato il licenziamento con una prima lettera del 18 agosto, poi a febbraio il caso è finito davanti alla Commissione di conciliazione del servizio lavoro della Provincia, ma non è stato trovato l’accordo. Da qui il ricorso al Tribunale del lavoro. Secondo la difesa del dipendente l’uomo avrebbe subito un grave patema d’animo che ha inciso negativamente sulla sua patologia a causa prima delle dimissioni imposte, poi del licenziamento «ingiustificato e discriminatorio». Ora sarà il giudice Giorgio Flaim a decidere e stabilire la legittimità o meno della decisione adottata dall’azienda.