Avvocatura, Provincia condannata
Nomina di Bernardi nel mirino. Procedura da rifare. Zeni: sentenza non eseguita
La giunta provinciale questa volta è inciampata nella nomina del dirigente dell’Avvocatura, Giacomo Bernardi. Il giudice del lavoro Giorgio Flaim ha infatti condannato la Provincia a rinnovare la procedura di reclutamento «per carenza di motivazione e irragionevolezza dei criteri adottati», accogliendo il ricorso dell’avvocata di Piazza Dante Lucia Bobbio. Zeni (Pd) incalza: «Dopo due mesi la Provincia non ha eseguito la sentenza».
TRENTO Questa volta la giunta leghista, guidata da Maurizio Fugatti, è inciampata nella nomina del dirigente generale dell’Avvocatura, incassando una nuova condanna.
Il giudice del lavoro Giorgio Flaim a fine aprile ha ordinato a Piazza Dante di rinnovare la procedura di reclutamento, ma a distanza di due mesi non è stato fatto ancora nulla e «non è stata data esecuzione alla sentenza», fa notare il consigliere provinciale del Pd Luca Zeni, che ha presentato un’interrogazione. Per l’impugnazione c’è ancora tempo, ma la Provincia avrebbe dovuto quantomeno sospendere la nomina alla luce della pronuncia del Tribunale che rileva la «carenza di motivazione e l’irragionevolezza dei criteri adottati» nella nomina del dirigente.
Tutto inizia a giugno dello scorso anno quando la giunta ha nominato ai vertici dell’Avvocatura Giacomo Bernardi, 56 anni, libero professionista con studio ad Arco e Trento, candidato sindaco nel 2020 per la coalizione di destra, aveva sfidato il sindaco di Arco Alessandro Betta, ma era stato sconfitto al ballottaggio. Una nomina importante e prestigiosa che era stata annunciata dallo stesso presidente Fugatti con una nota stampa: «A seguito di procedura pubblica per la raccolta delle candidature, conferiamo a un conosciuto e stimato professionista come Bernardi — si legge — un incarico di assoluta importanza per la Provincia e per il Trentino». Ma la decisione della Provincia non era piaciuta all’avvocata Lucia Bobbio, storico legale di Piazza Dante, tra i più esperti e direttore dell’Ufficio contenzioso della scuola e dei servizi sociali.
Bobbio, attraverso l’avvocata Silvia Zancanella, a ottobre ha impugnato la delibera presentando ricorso contro la Provincia e l’avvocato Bernardi, difeso da Filippo Valcanover. Il 5 aprile viene pubblicata la sentenza con la quale il giudice respinge le eccezioni sul difetto di giurisdizione e nel merito ricorda la necessità di rispettare le «regole autoimposte, quelle convenute in via collettiva e le clausole di correttezza e buona fede che impongono al datore di lavoro di adottare decisioni imparziali e ragionevoli e quindi conformi a un criterio di normalità tecnico- organizzativa». Il giudice si richiama alla Corte Costituzionale evidenziando i principi fondamentali del «perseguimento degli interessi generali» e del «rispetto dei principi costituzionali di legalità, imparzialità e buon andamento cui è estranea ogni logica speculativa».
Fatta questa premessa, il magistrato «bacchetta» Piazza Dante ricordando che la legge provinciale 7 del ‘97 consente l’assunzione di un dirigente a tempo determinato fuori dall’albo solo per un incarico che richieda «particolare e comprovata qualificazione professionale non rinvenibile nell’amministrazione». E non sarebbe questo il caso, ci sarebbero state delle professionalità all’interno dell’ente pubblico a cui attingere. L’amministrazione si è giustificata sostenendo che le figure con quelle competenze non potevano essere distolte dai loro compiti. Una spiegazione ritenuta insufficiente dal giudice del lavoro che rileva poi un altro profilo di illegittimità della delibera. Il dispositivo prevede infatti requisiti molto più stringenti per gli avvocati dipendenti pubblici, che devono aver ricoperto incarichi dirigenziali, rispetto agli avvocati non dipendenti della Provincia per i quali è sufficiente aver curato la difesa della pubblica amministrazione in rilevanti cause.
La motivazione della sentenza — osserva il consigliere Luca Zeni nell’interrogazione — non lascia spazio a interpretazioni stabilendo che «l’irragionevolezza della previsione trova conferma nell’esito della selezione, che ha visto prevalere un candidato», sostanzialmente privo di quella «consolidata e specifica esperienza nella cura di rilevanti cause in termini quali/quantitativi di difesa della pubblica amministrazione». Il giudice Flaim in sentenza parla di «disparità di trattamento» che «appare ancora più ingiustificata se si considera l’attuale assetto istituzionale dell’Avvocatura della Provincia dove non esistono “strutture dirigenziali” ma solo uffici ai quali sono preposti avvocati direttori».