Giustizia, le ragioni del referendum
Alle urne domenica, cinque quesiti complessivi voluti da Lega e dal Partito radicale Si vota per abrogare (o meno) la legge Severino, se abolire le firme per la candidatura al Csm, se separare le carriere dei magistrati
Domenica 12 giugno si vota dalle 7 alle 23 per cinque referendum.
Il primo quesito, su scheda rossa, propone l’abrogazione dell’incandidabilità e divieto di ricoprire cariche elettive e di governo per chi sia stato condannato per delitti non colposi. Ovvero per avere commesso reati che il nostro ordinamento penale giudica gravi e averlo fatto volontariamente, non per imperizia, negligenza o inosservanza di norme.
Il secondo, su scheda arancione, introduce una limitazione delle misure cautelari, eliminando la previsione del rischio di reiterazione del reato dalle ragioni che giustificano la limitazione delle libertà individuali.
Il terzo quesito, scheda gialla, preveda la rigida separazione delle carriere giudicante e requirente per i magistrati. Se approvato renderà quindi impossibile il passaggio dalle funzioni di giudice a procuratore (pubblica accusa) e viceversa.
Il quarto quesito, scheda grigia, apre ai membri laici (avvocati e giuristi) la partecipazione a tutte le deliberazioni del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e dei consigli giudiziari. Semplificando: permetterà che l’operato dei magistrati sia giudicato non solo da altri magistrati.
Infine il quinto quesito, su scheda verde: abroga la necessità di raccogliere da 25 a 50 firme a sostegno per i magistrati che intendano candidarsi per il Csm (l’organo di autogoverno della magistratura).
Perché il referendum sia valido, deve votare la metà più uno degli aventi diritto. La norma è abrogata se i sì sono maggioranza dei voti validi.