«Per la Costituzione la giurisdizione è unitaria»
Dottor Clemente, perché non dovrebbero essere separate le carriere?
«I dati statistici rappresentano una realtà di fatto nella quale, per limitarci agli ultimi anni, pochissimi magistrati sono passati da una funzione all’altra, per le rigorose limitazioni che l’ordinamento già prevede. Contro la proposta referendaria richiamo i principi costituzionali che fondano una giurisdizione unitaria e un pm pienamente calato in essa. Quello del pm è, per Calamandrei, “il più arduo” tra gli uffici giudiziari, dovendo restare distante dalla generosa combattività del difensore e dalla spassionata oggettività del giudice. Deve essere curioso, critico, dubbioso senza essere temerario. Ancor più del giudice, deve avere il coraggio dell’impopolarità. S’immagini un pm compiacente o superficiale che, sulla scena del crimine, si volti dall’altra parte o assecondi pigramente le sollecitazioni della polizia, diramazione del potere esecutivo. La nostra Costituzione ha delineato le prerogative del pm come baluardo di indipendenza e autonomia del potere giudiziario da quello esecutivo: lasciarlo sguarnito di queste tutele significherebbe renderlo vulnerabile e sensibile al canto delle sirene. E di Ulisse in giro ne vedo pochi, non solo in magistratura».
Per gli avvocati con la separazione delle carriere si potrà realizzare il “giusto processo”.
«Argomento stucchevole. Si dice che in America ci sia il vero giusto processo, ma lì l’imputato è condotto con la forza davanti al giudice, l’irreperibilità è solo un caso di scuola, i riti alternativi sono la regola e non ci sono tre gradi di giudizio. Nei legal movie sentiamo spesso dire frasi del tipo: “lo Stato di New York contro Mr. Brown”. Lì lo Stato è il pm, che ha alle spalle un’intera comunità, mentre da noi il pm è solo, come lo è il giudice in camera di consiglio. È da poco trascorso il trentennale di Mani Pulite: i magistrati osannati prima, rinnegati poi. Due eccessi pericolosi, che spogliano il magistrato del potere di amministrare la giustizia in maniera serena e distaccata».
Giusto abrogare la legge Severino?
«Questa legge è in vigore da pochi anni. Se già si vuole tornare indietro ridimensionando la qualità etica dei candidati a cariche politiche, è un segno dei tempi. Ciascuna comunità, dal piccolo comune all’intera nazione, è libera di scegliersi i candidati, le persone che ritiene degne di rappresentarla. Confido che, comunque vada il voto, saranno gli elettori a selezionare i propri rappresentanti, lasciando fuori delle urne i candidati “indesiderabili”».
È corretto ridurre i reati per cui è previsto il carcere preventivo?
«È un quesito sulle scelte di politica criminale che questo Paese intende adottare. Se si vuole limitare il ricorso al carcere, anche per gravi reati e a fronte di indagati a rischio di recidiva, ne prendo atto. Purché però, al primo fatto di cronaca, non si lancino strali contro il giudice che “non ha buttato via la chiave”».
Perché escludere i laici dalla valutazione dei magistrati?
«Con l’avvocato ho interlocuzione costante in aula e nel mio ufficio, con molti prendo il caffè e di qualcuno sono amico. Eppure mi sento sereno nell’esercizio delle mie funzioni. Non altrettanto lo sarebbe il singolo avvocato qualora fosse chiamato a valutare un magistrato con cui può avere la ventura di confrontarsi in udienza il giorno dopo o il giorno prima. Inutile girarci intorno: anche il presente quesito mira ad accerchiare non già la magistratura come istituzione, ma il singolo magistrato, a isolarlo e a renderlo quieto, pavido, inconsciamente asservito».
Togliere l’obbligo delle 25 firme per candidarsi al Csm limiterà il potere delle correnti?
«Anche il magistrato più letargico e refrattario alla vita associativa non avrebbe difficoltà a raccogliere 25 firme. Le pare un valido argomento per contrastare quel presunto mostro che sono diventate le correnti? Un’ultima considerazione: quale che sia l’esito del voto, il referendum deve costituire per la magistratura l’ennesima occasione per una profonda rivisitazione critica dei molti mali che l’affliggono».