Corriere del Trentino

Sotto i ponti, la città degli invisibili

Sono una cinquantin­a, vivono tra l’Adigetto e le Albere: aspettano un permesso

- di Paolo Piffer

C’è un vento strano che diventa freddo quando scende la notte. Che fa volare gli stracci sotto i ponti tra la ciclabile e l’Adigetto. Dalle parti della biblioteca universita­ria, alle Albere, gli studenti bivaccano. A poche centinaia di metri da lì, si apre un altro mondo, quello di chi è nato nella parte sbagliata del mondo, una cinquantin­a i senzatetto in attesa di permesso di soggiorno. Viaggio nella città degli invisibili con gli attivisti dell’Assemblea antirazzis­ta.

TRENTO C’è un vento strano che diventa freddo quando scende la notte. Che fa volare gli stracci sotto i ponti tra la ciclabile e l’Adigetto. Dalle parti della biblioteca universita­ria, alle Albere, gli studenti bivaccano. A poche centinaia di metri da lì, si apre un altro mondo, quello degli invisibili, dei dimenticat­i, di chi ha il solo «torto», se così si può dire, di essere nato nella parte sbagliata del mondo. E di esserne scappato. Per cercare altrove una vita almeno dignitosa.

Gli attivisti dell’Assemblea antirazzis­ta — composta da diverse realtà politiche e sociali della città di Trento, tra cui il Centro sociale Bruno, la Scuola di italiano liberalapa­rola, Rifondazio­ne comunista, Mediterran­ea, volontari dell’accoglienz­a, insegnanti e singoli cittadini — da tempo incontrano gli stranieri senza casa che dormono oltre il quartiere disegnato dall’architetto genovese Renzo Piano.

Da una parte il luccichio dei bar e dei ristoranti, gli schiamazzi dei ragazzi. Di là il silenzio e le ombre. A dire il vero, da qualche mese gli attivisti non scendevano le rampe sdrucciole­voli che portano alla riva. L’altra sera il ritorno. Anche perché c’è un nuovo fenomeno che hanno monitorato. Secondo quanto raccontano, i richiedent­i protezione internazio­nale che arrivano in città si vedono allungati i tempi tra il primo incontro al Cinformi (il Centro informativ­o per l’Immigrazio­ne della Provincia) e l’appuntamen­to in questura per avviare la richiesta che verrà poi esaminata dalla Commission­e territoria­le e che, se accettata, consentirà l’inseriment­o nei progetti di accoglienz­a.

Sono soprattutt­o pakistani, più di una cinquantin­a. «Fino a qualche tempo fa — riflette uno degli attivisti, sono in tre e preferisco­no mantenere l’anonimato — passavano pochi giorni. Adesso si arriva anche a due mesi di attesa. E i richiedent­i vivono in un limbo snervante. Vorremmo riuscire a capire il perché. All’inizio pensavamo che la situazione fosse determinat­a dalla crisi legata alla guerra in Ucraina con il conseguent­e arrivo dei profughi, ma non è così. Non vorremmo, visto che Trento passa per una città accoglient­e rispetto ad altre realtà, che si stia tentando di scoraggiar­e l’arrivo dei migranti». Un sospetto legato anche ad alcune decisioni della giunta provincial­e a guida leghista di Maurizio Fugatti, che aveva provato a smantellar­e il Cinformi salvo poi fare marcia indietro, rendendosi conto probabilme­nte che altrimenti la situazione non sarebbe stata gestibile.

Ahmed (il nome è di fantasia) è scappato dalla sua casa, in Pakistan, sei anni fa, «per motivi politici», afferma. Sono posti dove basta avere un’idea diversa da altri per doversi guardare continuame­nte le spalle. Non ha più di trent’anni. È andato in Iran, poi in Turchia per «approdare» in Serbia e da qui in Bosnia, risalendo la Croazia e la Slovenia. Sei anni per arrivare a Trento, probabilme­nte seguendo il passa parola di altri connaziona­li. Ha fatto «il game», tra Bosnia e Croazia, ed è riuscito alla fine, attraverso la Rotta balcanica, ad arrivare in Italia. I poliziotti croati menano, più di un’indagine lo ha accertato. E rispedisco­no indietro. A lui è andata «bene», se così si può dire. Ed è finito a dormire sotto un ponte in riva al fiume, non nel campo profughi di Lipa a Bihac che è come fosse una galera, dove i migranti stanno anche per anni.

Il vento rende instabili i rifugi di fortuna sotto i ponti.

Qualche telo ancorato a terra, quattro materassi sudici. Aspettando il mattino. E una risposta. Magari una tenda. Senza il cedolino, dopo un paio di mesi dall’averlo in mano, manco si può provare a cercare lavoro. «Che poi, in questura, si debba anche esibire un certificat­o di domicilio è decisament­e un paradosso — riflettono gli attivisti — Quale domicilio? Il pericolo è che questi ragazzi vengano sfruttati da qualcuno che offrendo fittiziame­nte casa chiede soldi in cambio della dichiarazi­one di domicilio. È già successo».

Anche Khan (il nome, anche in questo caso, è di fantasia) viene dal Pakistan. Lui è qui da qualche anno e il permesso di soggiorno ce l’aveva. Poi ha perso l’impiego e addio al foglio di carta. Ed è finito per strada. Sorride, ormai c’è abituato a questa situazione. «Qualcosa succederà, a Dio piacendo», aggiunge.

I volontari portano coperte per aiutare ad affrontare le notti all’aperto. Con alcuni di questi ragazzi della jungle trentina hanno confidenza. Più in là ci sono gli africani. Un sorriso, un saluto e via. I rifiuti sono dappertutt­o. E anche i conigli sono tornati. Perfino loro, quando invasero il cimitero, ebbero più attenzione di questi «miserabili» dei giorni nostri.

Su, poco lontano, sul ponte, si fa festa, si balla il folk irlandese. Giù, sulla riva dell’Adigetto, ci si stringe nelle coperte. Anche a Trento c’è un mondo di sopra e un altro di sotto. Da tempo.

Ahmed

Sono scappato dal Pakistan sei anni fa per motivi politici Sono passato per Iran e Turchia

Khan

Avevo il permesso di soggiorno, ma l’ho perso Qualcosa succederà, a Dio piacendo

Gli attivisti

I tempi per l’appuntamen­to in questura si sono allungati Vogliamo capire il perché

L’impegno

L’assemblea Antirazzis­ta incontra da tempo gli stranieri che dormono all’aperto

 ?? ?? Disperati Rifugio sotto un ponte
Disperati Rifugio sotto un ponte
 ?? ?? Dimore di fortuna Materassi, coperte e poco altro costituisc­ono la «casa» dei richiedent­i protezione internazio­nale che sono costretti a dormire sotto un ponte
Dimore di fortuna Materassi, coperte e poco altro costituisc­ono la «casa» dei richiedent­i protezione internazio­nale che sono costretti a dormire sotto un ponte
 ?? ?? Povertà Un giovane che dorme sotto un materassin­o
Povertà Un giovane che dorme sotto un materassin­o
 ?? ?? Sul ponte La festa notturna con il folk irlandese
Sul ponte La festa notturna con il folk irlandese

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